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giuocava la sua corona e l’avvenire d’Italia, che egli si proponeva di liberare quando fosse assunto al potere. — Appena scoppiata la rivoluzione, chiaro gli apparve ch’essa sarebbe repressa. — Due vie gli erano aperte. — Persistere nella condannata impresa, e cadere, perdendo ogni speranza di succedere allo zio, e di redimere l’Italia col potere che da quello egli doveva ereditare; oppure ritirarsi prontamente, abbandonando gli amici e maneggiandosi in modo che lo zio rimanesse incerto s’egli era stato con cognizione di causa ribelle, o s’era stato invece vittima della naturale debolezza del suo carattere e dell’audacia dei liberali. — Quest’ultimo partito poteva mantenerlo nel posto ch’egli occupava e gli lasciava qualche speranza di succedere al trono de’ suoi avi; ed a questo egli si attenne, traendo sopra di sè medesimo la diffidenza universale, cioè la diffidenza dei conservatori, della Corte, dell’Austria, e dei liberali. — Carlo Felice non gli perdonò mai il suo contegno nel 21, e lo trattò da quel tempo in poi come un uomo ch’ei tollerava per ragioni sue proprie, ma pel quale non aveva nè affezione nè rispetto. — La sua avversione al nipote era così evidente, che nessuno ardiva mostrargli quella considerazione ch’è dovuta ad un principe ereditario. Sarebbe esso escluso dalla reale successione? Tutti ne dubitavano, e molti ne erano convinti. — Ma Carlo Felice era anch’esso della Casa di Savoja. — Avverso alle nuove dottrine, superstizioso, bigotto e ligio al Papa ed al clero cattolico, di cuor duro e vendicativo, quasi sempre sordo alle voci della pietà, Carlo Felice abborriva l’Austria, e il dominio di essa in Italia. — L’Austria non risparmiò nè lusinghe nè promesse per indurlo a diseredare il nepote, ed a far suo erede il duca di Modena; un arciduca austriaco.
Essa ottenne ancora, per quanto si è detto, che il Papa unisse le proprie istanze alle sue; ma quanto più si mostrava ansiosa di escludere il principe di Carignano dalla successione dello zio, tanto più questo rifuggiva dal pensiero di dare all’Austria quella soddisfazione. — La lotta non fu lunga, ma accanitissima. — Pochi anni dopo il tentativo infelice del 21, Carlo Felice fu colpito da morbo letale. — Prevedendo il prossimo suo fine, egli chiamava intorno al suo letto gli uomini più rispettati della sua Corte e del Piemonte, e loro dichiarava che il principe di Carignano doveva succedergli, e che tale era l’ultima, la irremovibile sua volontà. —