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governo, sono ristabilite, le truppe francesi lasceranno il paese ove sono una vivente violazione del principio che la Francia stessa proclamava del non intervento nelle dissensioni intestine dei vari stati europei. Ma siccome i recenti avvenimenti hanno dimostrato che la convenzione del 65 tra la Francia e l’Italia, nei termini in cui fu concepita e redatta, non produce quei risultati che da essa si aspettavano; siccome il governo italiano, a cagion d’esempio, non può impedire che il territorio pontificio sia assalito da bande di volontari, senza combatterle, ciò che ripugna ad ogni cuore avverso alla guerra civile; nè può impedire che la città di Roma cada difatto nelle mani dei volontari o delle popolazioni insorte, mentre i trattati gli vietano di occupare esso medesimo quel territorio; per questi e molti altri motivi, la cui enumerazione riescirebbe troppo lunga, si comporrà un nuovo trattato che ponga al sicuro la persona del Pontefice da ogni offesa, e garantisca il rispetto dovuto alla religione della civiltà, a tutto ciò che si riferisce ad essa, come sarebbero i suoi monumenti, le sue chiese, i suoi ministri, ecc.
Possiamo dunque sperare, malgrado le immeritate invettive e le imprudenti dichiarazioni di alcuni fra i ministri ed oratori della Francia, che codesta nazione, più sensata e più giusta di que’ suoi rappresentanti, rispetterà le costanti e legittime aspirazioni dell’Italia; e si terrà soddisfata d’intervenire in ciò che vi è veramente di universale nella così detta questione romana, cioè di assicurare la conservazione della religione cristiana e cattolica, e di quanto la concerne, lasciando agli italiani la cura d’intendersi col Pontefice su ciò che appartiene esclusivamente all’Italia, cioè sulla questione dell’annessione di Roma, purchè ci asteniamo dall’uso della forza materiale, della violenza. Riconosciuti una volta i nostri diritti, e posti alcuni limiti all’esercizio loro, spetterà a noi l’approfittare con somma prudenza dei nostri vantaggi, mostrarci capaci di contenere i nostri desideri, e aspettare il momento opportuno per soddisfarli. — Se l’Italia sa mantenersi nazione libera ed indipendente, ordinata e tranquilla, sotto un governo costituzionale ed italiano, che l’Europa ha riconosciuto e rispetta, non v’ha per me dubbio che Roma debba in breve entrare a parte delle nostre sorti. L’incertezza si riferisce soltanto al come e al quando sarà compiuto questo finale e solenne avvenimento; e a tale incertezza dobbiamo rassegnarci sinceramente, come ad una invincibile necessità politica e sociale.
Ma perchè tale rassegnazione sia possibile, e porti i suoi frutti, dobbiamo rientrare nelle vie di una regolare ed ordinata libertà, e rinunziare alla politica sentimentale, che già troppo sovente ne fuorviava. — Nessun paese può dirsi libero, se concede ad un uomo, sia pur esso il più virtuoso ed