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simili nefandità non è il povero nè l’incolto. — Chi consiglia agli elettori di scegliersi a loro rappresentante un avversario dell’attuale ordine di cose, che non accetta l’incarico affidatogli, o lo accetta per aggiungere nuovi ostacoli a quelli che già ingombrano la via ove camminar debbono il governo e ’il paese, non è nè il povero nè l’ignorante. — Chi biasima gli operosi, senza additar mai ciò che sarebbe da farsi, e senza por mano ad opra alcuna, non è il povero, che si accontenta di ripetere le insulse diatribe de’ suoi maggiori. Chi profetizza, ed annunzia come imminenti, rovinose catastrofi, senza dir mai come si potrebbero evitare, eccitando così il terrore, lo scoraggiamento e la diffidenza nell’animo delle moltitudini, non è il povero. — Dobbiamo farci maestri del popolo, ma dobbiamo altresì correggere noi stessi, sicchè egli possa vedere in noi il modello di ciò che esser deve il cittadino di un paese libero.

Mi si potrebbe opporre ch’io raccomando ad un tempo due cose che non possono camminare dì pari passo; cioè che raccomando alle classi più elevate della nostra società di farsi educatrici delle più povere e più rozze, mentre dichiaro che le prime abbisognano non meno che le seconde di una educazione politica, e si potrebbe ancora soggiungere che codesta educazione io non accenno chi debba ad esse compartirla.

Poche parole basteranno a chiarirmi su tale apparente contraddizione. Se le modificazioni, ch’io vorrei suggerire alle classi più colte ed illuminate de’ miei concittadini, richiedessero lungo tempo ed ardui studii per essere effettuate, meriterei invero la taccia di proporre degli scolari per maestri delle classi più povere e più ignoranti. — Ma le modificazioni di cui parlo dipendono unicamente dalla volontà di coloro che dovrebbero eseguirle. — Gli italiani educati e colti sanno benissimo, che un paese non può governarsi costituzionalmente, se i cittadini di questo non partecipano al maneggio degli affari suoi; che non v’ha linea stabile di confine tra i governati e i governanti, ma che l’autorità passa dagli uni negli altri, secondo le varie circostanze, secondo pure che si scoprono nuovi cittadini atti ad assumerla e ad esercitarla. E se gli italiani capaci di partecipare al governo del loro paese, se ne stanno inoperosi, fuori della sfera in cui si trattano gli affari, contenti di biasimare chi assunse l’incarico di governare, non è già perchè essi non sappiano che quando tutti i cittadini se