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giane sono nelle mani del clero, che le istruisce a modo suo, ed a cui credono ciecamente; sappiamo che la maggioranzà del clero vede di mal occhio, anzi biasima e condanna tutto ciò che fu fatto in Italia dal 59 in poi, e nulla tentiamo per togliere al clero le menti ed i cuori delle nostre popolazioni, e per sostituirci ad esso nella loto confidenza. Di chi dunque è la colpa, se il nostro popolo è così poco informato delle massime fondamentali del vivere civile?

Un piccol numero dei nostri possidenti fondiarii incomincia a sospettare che nessuno possa avete tanto a cuore l’interesse loro quanto essi stessi. — E perciò, e perchè inoltre il vivere in città è più dispendioso che il vivere in campagna, questo picciol numero dei nostri signori abbandona per tempo i conforti e i diletti dei teatri, delle conversazioni, dei ritrovi, ecc., e si ritira in mezzo a’ suoi campi, nelle sue ville, e fra i suoi villici, per accudire ai lavori che procurare gli debbono un aumento di entrata. È questo un progresso compito da questi nostri possidenti; ma il profitto che ne trarrebbero e i possidenti ed il paese intero, sarebbe di gran lunga maggiore, se un altro intento aggiungessero a quello di dirigere la coltura dei terreni. — I contadini di un paese libero non sono unicamente gli strumenti dell’agricoltura, come gli aratri, le vanghe, i mulini, i trebbiatoi, ecc. Essi sono le membra del corpo sociale e politico, i possessori di ogni diritto civile, i produttori della pubblica prosperità, i difensori della indipendenza nazionale e del buon ordinamento civile, e possono diventare i rappresentanti della nazione e gli amministratori delle sue ricchezze.

Queste moltitudini, destinate a così nobile e così splendida missione, sono quelle appunto che più si lagnano, direi quasi che più abborrono i rivolgimenti accaduti dal 59 sino ad oggi, e che oppongono una ostinata, una disperata forza d’inerzia al conseguimento delle nostre mire. — È egli possibile di attribuire tale stranezza ad altra cagione, se non ad un equivoco, ad un difetto d’intelligenza in quelle moltitudini pregiudicate e sdegnate contro chi vuoi farsi loro benefattori, e contro gli stessi benefizi ad esse offerti?

Ora poichè tale equivoco, oltre all’essere evidente, è pure singolarmente assurdo, e minaccia di diventare funesto alla patria ed alla nazione stessa, non è forse un preciso, un assoluto dovere per quelli, a cui spetta d’illuminare le moltitudini perchè istrutti ed in grado