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periore, che guida e regge il basso clero, non manca di prudenza nè di destrezza nella condotta degli affari di questo mondo; e giudica con bastevole accorgimento lo stato suo, e le conseguenze che potrebbero avere le mosse avventurate che alcuni gli consigliano. — Esso intende benissimo che non può tentare alcun passo sulla via della resistenza aperta, se non ha ottenuto in prima il concorso di buona porte della società laica; e tale concorso si sforza di ottenerlo operando sulle coscienze più timorose, ed in particolare sulle coscienze femminili, e su quelle dei giovanetti, la cui educazione è ad esso affidata.

Ma tali sforzi, sebbene sostenuti con zelo indefesso, non sono però confortati dalla speranza di un prossimo e felice successo. — I capi della fazione clericale, e molti dei loro militi altresì, giudicano assennatamente la condizione loro, e vedono che l’opinione pubblica, sebbene oscillante e malferma in molte quistioni che si riferiscono alla nuova vita civile e politica a cui testè rinacquero gli italiani, non si volge però mai verso di essi con fiducia e favore. Coloro, i quali difendono i propri privilegi dicendoli a loro concessi da Dio stesso e per tutti i secoli avvenire, non possono ispirare confidenza alle nostre popolazioni, tutte intente ad affrancarsi o rinforzarsi nel possesso dei loro diritti, contro ogni potere che vanta per sua origine il diritto divino. — Le pretensioni pontificie ad una teocrazia senza limite e senza fine, suonano agli orecchi degli italiani come l’ultima e la più esagerata espressione di quelle consimili pretensioni, sostenute sino ai giorni nostri da tutti i sovrani assoluti, la cui caduta fu la nostra salvezza.

La fazione clericale ha dunque poche eventualità di felice successo; ed i suoi capi, saggi ed avveduti, sentono come vacilla il suolo su cui posano, ed agiscono quindi con somma prudenza e cautela. Noi dobbiamo aspettarci dai clericali una guerra coperta, mascherata, senza tregua; ma nulla abbiamo a temere da essi che sappia di violenza, e che ad essi soltanto imputare si possa. — In una parola, l’ora del risorgimento d’Italia fu per essi l’ora della decadenza come corpo civile e politico; al che non si rassegneranno, se non quando alla rassegnazione si vedranno costretti dalla necessità. Sino a quel momento essi saranno irreconciliabili nostri nemici; ma nemici prudenti, nemici non per passione di nimicizia, ma soltanto in quella misura che richieggono gli interessi loro come classe privilegiata della società e della nazione.