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non per mancanza di altre risorse. E questo gli nuoce ne’ suoi negozi colle banche straniere, e conseguentemente può arenare il commercio e l’industria. Ma quanto agli effetti immediati della carta moneta sul ben essere dell’individuo cittadino, questi sarebbero appena sensibili, se tutti vi si rassegnassero onestamente. Ma così non accade. Non solo v’hanno molti che non vogliono soggiacere nè a danni nè ad incomodi, ma v’hanno pure di quelli che non esitano a trar profitto della sventura altrui, e che speculano su di essa. Quanti comperarono immediatamente tutto il denaro coniato già in circolazione, e negarono di cangiarlo coi biglietti di banca se non ricavavano una somma assai maggiore dalla somma che davano, attribuendo così alla carta un valore arbitrario assai al di sotto di quello che le dava la legge! Allora incominciarono gli imbarazzi, i danni reali, la confusione dei valori e dei loro surrogati. Il corso forzoso della carta non valse a mantenerne il valore, poichè i mercanti quasi tutti ricusavano di rimborsare, sia in denaro sia in carta, il di più del valore degli oggetti che si pagavano colla carta. Voglio dire che se uno voleva comperare un oggetto stimato cinquanta franchi, dando un biglietto di cento franchi, e ricevendone indietro cinquanta, questi incontrava un’invincibile resistenza nel mercante, e si vedeva costretto o a pagare cento ciò che valeva cinquanta, o a comperare un supplemento di mercanzia che lo addebitasse di cento franchi, o a costituirsi debitore per l’oggetto di cinquanta, o a rinunziare all’acquisto di esso.

Sulle prime s’imputavano questi inconvenienti all’inavvertenza del governo, che aveva emessi soltanto dei biglietti di cento franchi, invece di emetterne di venti, di dieci, di cinque, e persino di un franco. il governo si decise dunque di aderire al pubblico voto e di emettere biglietti di minor valore. Ma appena questi comparvero, che di bel nuovo sparirono: gli speculatori se n’erano impadroniti, e l’illecito mercato, che li aveva arricchiti col cambio della carta contro il denaro, ricominciò sul cambio dei grossi biglietti contro i piccoli. Ed il pubblico, poco intelligente delle vere cagioni de’ suoi danni, si adirava contro il governo, che sebbene avesse promesso di emettere gl’indicati biglietti, li emetteva in così piccola quantità che diventava quasi impossibile di ottenerne. Certo che il governo avrebbe potuto farne una nuova emissione; ma a che pro? Gli speculatori