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in legname, chè al presente valendosi di pali interi e giovani si distruggono ogni anno grandi tratti di selve; e fo queste domande. Non danno i nostri fondi posti sul piano (eccettuo i sabbionosi, ne’ quali stà bene che si coltivino Viti) non danno essi abbondante raccolto di fieno, e di grano? E il grano e il fieno sono forse tra noi generi di poco valore? Debbono gli abitatori del piano comperare dai montanari e fieno e paglia, di cui avrebbero bisogno questi medesimi per allevar più bestiame e ingrassar meglio le loro terre. Tutti dobbiamo comperare dagli estranei il grano a migliaja di some. Chi n’avesse di superfluo trarrebbe denaro (con brighe e pericoli minori) almen quanto ne ritrae dal vino, e impedirebbe in parte la passività del commercio che ci porta via annualmente enormi somme.

Si vuole ostinarsi ad avere poco bestiame, e a comperar caro il grano? Ebbene facciansi nelle pianure piantagioni di Mori, la cui coltura costa pochissimo, e il cui prodotto è maggiore d’assai di quello delle Viti; e tanto più da apprezzarsi in quanto che introduce denaro estero, laddove il commercio del Vino, se ben si considera ogni cosa, è per noi poco più che un puro cambio.

Vuolsi proprio avere di tutto? Si coltivi dunque di tutto; ma di tutto si aspetti poco; e si ringrazii di questo Iddio; e cessino le lamentazioni.