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DI FRANCESCO REDI. | 55 |
Οὖλα γαρ` αμφοτέρω φέρει ἐπὶ τύμμασιν ἄχθη,
Λυγρον` ὕπ᾽ὀυράιην ἰον` ἒχων φολίδα.
Dite pure a costui da parte mia, che coloro, i quali anno una si fatta opinione, non anno veduto, come veduto ho io uomini, ed altri animali mangiarsi, non solo i capi delle Vipere, ma ancora le code cotte, e crude; ed anco di più quando le Vipere sono vive, per farle stizzare, ed irritare a mordere, mettersi le code di quelle in bocca, e fieramente co’ denti stringerle, e lacerarle.
Si che per raccorre il tutto in poche parole, dicovi, che la Vipera non ha umore, escremento, o parte alcuna, che beuta, o mangiata abbia forza d’ammazzare; Che la coda non ha con che pugnere; Che i denti canini tanto ne’ maschi, quanto nelle femmine non sono più, che due, e voti sono dalla radice alla punta, e se feriscono, non sono velenosi, ma solamente aprono la strada al veleno viperino, che non è veleno, se non tocca il sangue, e questo veleno altro non è,
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