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DI FRANCESCO REDI. | 33 |
raccontino, che questo era un dono della provida natura, conceduto a que’ soli popoli, e che aveano per costume di far prova della pudicizia delle loro mogli, con esporre i tenerelli figliuoli in mezzo de’ più fieri serpenti, con tuttociò non mi sento da crederlo, ma voglio più tosto dar fede a Cornelio Celso, che molt’anni prima di Plinio, e di Gellio ci lasciò scritto: Neque, hercules, scientiam præcipuam habent hi, qui Psylli nominantur, sed audaciam usu ipso confirmatam, et appresso: Ergo quisquis exemplum Psylli secutus id vulnus exuxerit, et ipse tutus erit, et tutum hominem præstabit; e quei Psilli non meno de gli altri uomini erano morsicati da’ serpenti, e per guarire aveano bisogno de gli alessifarmaci, e lo raccolgo da quel libro, che Damocrate medico, e poeta Greco scrisse de gli antidoti, tra’ quali se ne legge uno, di cui egli afferma, che se ne servivano gli Psilli, allora quando erano dalle Vipere morsicati:
Σφόδρα ἀγαθὴ δύναμις, ἦ καὶ χρωμένους
Πίνοντας αὐτοὺς οἶδα, δηχθέντας κακῶς
Τοῖς ἀρτιθήροις ἒχεσι τοῖς καλουμένοις
Ψυλλίοις·