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co’ Turchi, e mi raccontava, che per quanto si può ricordare, esso solo ne massacrò cencinquanta, oltre quelli, che trucidò unitamente a’ suoi compagni. Mille uomini di questa sorte vagliono per dieci mila Turchi. Esso meritava di essere chiamato più feroce di un lupo, ma vi furono degli Aiduzci più feroci ancora, e più forti, senza per altro, che arrivassero ad assassinar tanti Turchi, quanti Soçivizca, e senz’aver la sua scaltra direzione. Tuttochè però esso abbia recato de’ danni considerabili per le sue turbolenze allo Stato Veneto, ne risentono al presente sommo benefizio i nostri Morlacchi, che sono trattati con più umanità, e dolcezza da’ Turchi, che per lo avanti eransi resi intollerabili per le loro Tirranie. Così da un aggregato de’ disordini nasce talora anche l’ordine. Sarebbe nulla ostante ciò da desiderarsi, che questa razza di gente, voglio dir gli Aiduzci si estirpassero una volta, il che mi sembra molto difficile per la ragione, che se anch’essi sono le sorgenti di molti discapiti in generale; in particolare sono le fonti perenni delle ricchezze di alcuni. Ma pria di estirparli converrebbe, che finissero i delitti, che si cangiasse l’avarizia de’ Ministri, e che cessasse la pazza credenza di acquistar quasi una Indulgenza plenaria massacrando i Turchi, come se fossero bestie nauseanti, e non uomini, come noi. I Parocchi della Morlacchia, se non ànno colpa nell’insinuare alla Nazione questi pregiudizj l’ànno certamente nel non isradicarli. Sed quis custodiet ipsos custodes? Si credeva ne’ tempi innocenti, che gli Aiduzci fossero quelli, che tengono lontane dal Principato le armi Ottomane, e v’era la cecità di non veder, che più tosto le addossano. Era ben noto ciò a molti sapientissimi Generali della Dalmazia, che