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lea vivo, e mentre che Socivizca faceva orazione (sendo sempre solito a farla avanti il cibo) suo fratello lo lasciò fuggire. Adiraronsi contro lui i compagni per lo scampo procurato al Turco, e specialmente un suo Nipote, che gli lasciò andare una guanciata, cui risposs’egli con uno sparo di pistola, che lo ammazzò. Socivizca allora scacciò da se il fratello, e diede sepoltura al Nipote, di cui la mancanza, e’l disgusto del fratello lo indussero di nuovo a portarsi verlo Zermagna per goder la sua pace. Ma non è tanto facile il cangiarsi di Natura: Di sovente contro la propria volontà si ritorna ai costumi depravati. Così fu di Socivizca. Stava quieto per qualche tempo, e all’improvviso si metteva alla strada. I Turchi se lo aveano dimenticato, e per quanto venissero insultati, non s’immaginavano mai, che Socivizca degl’insulti fosse l’autore. Verso il fine di Giugno l’anno MDCCLXIX Socivizca si era unito a otto compagni coll’idea forse di andar all’assalto di qualche Caravana. Avea mandato uno a provveder della polvere, poichè n’erano privi, sì esso, che molti de’ suoi compagni. Frattanto aspettando il messo che ritornasse colla polvere, si era posto Socivizca co’ compagni a dormire sotto diversi alberi a piedi del mante Prologh in un bosco entro i Veneti confini. Un pastore arrostiva in poca distanza un Castrato. Taluno non si sa, se per utilità, o per odio, che avea contro Socivizca corse ad avvertir quaranta Turchi, che in parecchie miglia di distanza riscuotevano l’erbatico da’ sudditi Ottomani. I Turchi niente rispettando il Jus delle Genti penetraroro in fretta entro i Veneti confini, ed assalirono Socivizca, ed i suoi compagni, che si erano rifugiati all’ombra degli alberi. Non vi si chiedeva gran dif-