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vi un Turco a Cavallo con la scimitarra in mano, cui riuscì di sopraggiugnere Socivizca, che s’era rifugiato dietro un’albero, girandoli sempre attorno, inseguito dal Turco stesso, e per la stanchezza sul punto già di divenir vittima del nemico, se suo fratello con una schioppettata non lo ammazzava. Superato sì grave rischio, Socivizca passò co’ suoi compagni nelle Venete Tenute, e quantunqu’egli fosse Greco di Religione, fece proponimento di non far mai più amicizia co’ Greci, nè co’ Turchi, recandosegli a memoria il fine funesto di un suo fratello, per essere stato tradito da un Morlacco Greco, ed il pericolo, in cui poco anzi era esso incorso per lo tradimento di un suo Probatime Turco. Esso visse dopo ciò per alquanto tempo in somma quiete, ma penetrato avendo, che una grossa Caravana dovea passar da Sign in Turchia, si unì a dieciotto compagni, e andò ad incontrarla sopra Bilibrigh. Era la Caravana scortata da cento, e più Turchi, onde Socivizca non le diede alcun impaccio, ma incontrati in altra parte due Turchi, vivi li tagliò a pezzi. Era un anno all’incirca dopo la fatal epoca del MDCCLXIV, che dominava la peste nel Territorio di Sign, quando molti compagni di Socivizca i più forti, ed i più valorosi parte nello Stato Veneto, e parte nell’Ottomano furono presi, ed uccisi. Una tal mancanza persuase Socivizca di ritirarsi negli Stati Austriaci verso il Fiume Zermagna. Ivi stette un anno poco più, poco meno, senza che mai i Turchi avessero di lui contezza, e già universalmente era supposto in parti molto lontane. Si trovava egli nulladimeno in tutti gli assalti delle Caravane in questo frattempo occorsi, ma il suo nome più non correva, ed era Capo divenuto Zuanne Bussich, detto