Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
sco, ed esaminatolo degli andamenti de’ Turchi, lo ammazzò. E non contento di averlo ammazzato lo tagliò in pezzi, e come un cane arrabbiato dava de’ morsi nella carne del morto, non credendo mai di sfogar abbastanza la vendetta, e l’odio, che avea co’ Turchi. Frattanto lo sopraggiunsero i suoi quattro compagni, e quello ch’era andato a Travnik a lungo gire per la Città colla sua mercanzia, s’incontrò nella moglie di Socivizca, e fecegli palese il voler del suo Marito, e com’esso dovea condurla fuori di notte unitamente a suoi figli. La moglie di Socivizca piena di giubilo per una nuova, così inaspettata, andò ad avvertire sua figlia, consigliandola di venir seco; ma la figlia, che avea gustati i piaceri del matrimonio Maomettano, rinunciò di andarsene. Sua madre allora condusse seco solamente il figlio, e col compagno di Socivizca escì in tempo di notte fuori della Città di Travnik. Socivizca, che in poca lontananza stava co’ quattro compagni ad aspettarla, restò sorpreso dalla consolazione di veder la moglie; ed il figlio, quai condusse a Dragovich suo solito rifugio, ove lasciò il figlio sotto la tutela di un Calogero, che gl’insegnò in seguito leggere, e scrivere. Il giorno seguente non attrovandosi più a Travnik la moglie di Socivizca, i Turchi credettero, ch’esso fosse l’autore di un sì famoso ratto, ch’era probabilmente qualche cosa di più pericoloso di quello di Orfeo, che se n’era gito all’Inferno per prender sua moglie Euridice. I Turchi veramente non sono Diavoli, che incantano; ma avrebbono certamente saputo ammazzare l’autore, se l’avessero colto sul momento, che conduceva via la moglie di Socivizca. Indispettiti più per questo fatto, che per tutte le sue insolenze, per lo avanti usate a loro,