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sercito, e del valore de’ Cartaginesi. Dopo due ore all’incirca d’intervallo, che fu sparsa la nuova fra’ Turchi del fatto barbaro, ed inumano di Soçivizca, si unirono genti da tutti i contorni, e a piedi, ed a cavallo gli uni pe’ monti, e gli altri pe’ piani si misero ad inseguirlo. Socivizca, che non mai ciò s’immaginava, fu trovato in un bosco con tutti i compagni, che si diedero uniti ad esso ad una velocissima fuga. Non si stancarono i Turchi però di dar loro la caccia, ed oltre cinque feriti, ne restò uno morto degli Aiduzci, cui semivivo ancora il proprio fratello tagliò la testa, perchè non avessero i Turchi la compiacenza di conficarla sopra un palo in segno d’infamia. Si salvarono gli Aiduzci a Metcovich nel Primorie, insino a dove furono sempre inseguiti da’ Turchi. Essi deggiono molto alle loro gambe, per aver loro questa volta procurato lo scampo. Socivizca si divise dai compagni. Il solo pensiere de’ Turchi era di trovarlo, ed ucciderlo. In Dalmazia era ancora meno sicuro, che in Turchia. Esso passava de’ mesi intieri ne’ più orridi ripostigli delle Caverne in una perpetua solitudine. Spesso languiva dalla fame pel timore di non essere veduto entrare, od uscire delle caverne stesse, per procacciarsi il vitto. Diresti tu, che questo è un’Eremita, anzichè un’assassino di strada. Di quando in quando però non potea a meno di non andar a trucidar qualche pajo de’ Turchi. In questo frattempo il Passà di Travnik, per aver tiranneggiati troppo i sudditi suoi, e per aversi ideato di saccheggiar il Mostar, fu chiamato a Costantinopoli, ove si crede, che gli sia stato reciso il capo. Avea questo Passà, detto Kukavizca, una bella moglie, che in tal’incontro era gravida. Esso la cedette ad un’altro Turco col patto, che quel-