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ed i due figli al Passà di Travnik. Fecero ai figli abbracciar la Fede Maomettana, ma non fu mai caso di persuader la loro Madre. Una delle figlie di Socivizca parve così vezzosa, e bella ad un Turco, che la prese per moglie, dicendo, non è giusto, che sì bel sangue si perda fra’ Morlacchi! Qualche Italiano, che condusse seco una delle nostre Morlacche si sentì far lo stesso epifonema. Chi è più barbaro il Turco, o l’Italiano? Torniamo a Socivizca. Inteso, ch’ebbero i Morlacchi il suo scampo, coniarono una canzone in lode di questo valoroso Eroe della Nazione. Io l’avrei trascritta volentieri quì nel fine, se mi fosse riuscito di poterla aver tutta intiera, non ad altro oggetto, ma solamente perchè si vedesse, come i Morlacchi nostri senz’aver mai studiato di Poesia, e senza neppur saper leggere, sanno compor de’ versi, cui, quando non sono alterati da varie bocche per cui passano, non manca una dovuta sillaba, nè oltre a ciò qualche felice lampo di fuoco d’immaginazione. Il Passà di Travnik irritato a maggior segno della burla, che gli fece Socivizca dopo tante cautele, usate in custodirlo, e molto più stimando un tal successo, come vituperio eterno al nome suo, risolvette nell’animo di volerlo riavere ad ogni costo, o vivo, o morto. Spedì subito ambascierie all’Eccellentissimo Signor Carlo Contarini in allora General della Dalmazia, dimandandogli questo Uomo, e in certo modo facendogl’intendere, ch’era suo obbligo di restituirlo. Ma il prudentissimo Generale rispose di non saper dove sa Socivizca, e che le Guardie Turche, che lo aveano in mano, dovevano custodirlo meglio, e fece inoltre loro comprendere, quanta irragionevole fosse la loro ricerca, per averselo lasciato fuggire nel proprio Stato, e finalmente, ch’egli non poteva essere