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nell’anno MDCCLVIII, quando si stabilisce di ricondur Socivizca a Travnik. Si fa egli escire di casa, ove abitava. I Turchi lo circondano. Uno di essi gli si avvicinò, per condurlo a mano. Socivizca menò alcuni colpi di catena, e lo fece allontanare. Poscia gli disse con voce burbera „ Credi tu anima di cane, che io sia Donna, che mi vuoi condurre a mano? “ Montato poi da per se solo a cavallo, non permise, che all’Effendì, ch’era il Comandante, acciò lo legasse colla corda per di sotto alla pancia del cavallo stesso. La moglie, e i figli furono posti a cavallo anch’essi. Gli abitanti di Sign, vedendoli in istato così deplorabile, fecer loro qualche mica di elemosina. Questa giovò più a Socivizca, come si vedrà in seguito, che tutte le considerabili summe di denaro, che avea depredato per lo avanti. Partì da Sign scortato da’ dieci Turchi, e per maggior sicurezza da quaranta de’ nostri Panduri. Il caritatevole Socivizca impiegò tutta la elemosina, fatagli a Sign, nel far un’abbondante trattamento di acqua vite per istrada a’ Turchi. Essi ammirano la sua cordialità, e a forza de’ brindisi alla sua salute, si ubbriaccano a meraviglia. Oltrepassati i Veneti confini sopra Bilibrigh, Socivizca finse di patir freddo, e domandò qualche cosa da coprirsi, e tosto gli fu portata una Kabanizca vale a dire un feraiuolo. Esso aveasi procurato, non so in qual modo, un coltello, con cui andava tagliando poco a poco sotto la Kabanizca la corda, che lo teneva al cavallo avvinta, e gli riuscì di tagliarla tutta, senza essere veduto da’ Turchi. Giunsero questi, riscaldati più che mai dalla Rakia, verso le ore ventiquattro alla Torre di Prologh, (poco distante da Bilibrigh) ove sta sempre un appostamento Turco. Ivi nacque la contesa, se doves-