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tico corso della Cettina, e potran darci forse de’ lumi colla stessa chiarezza anche su questo proposito.

Ritornati finalmente al Salone, da cui si partimmo, s’incamminamo a mano destra, passando come sotto un mezzo arco di Ponte, verso la seconda Sala, lunga passi ventiquattro, e larga sette, ove non v’è gran copia di fatture degli stillicidj, se si eccettui un angolo da parte sinistra, che può trattener la curiosità per qualche momento. Si presenta sul finire di questa Sala una porta naturale, formata da due Colonne, attaccate ad altri lavori, che perciò non ben le si distinguono. L’accidental combinazione delle goccie di acqua non potea architettare una porta con più magnificenza, e perfezione, che a prima vista a qualunque occhio comparisce fatta dall’arte, e non dalla Natura. I Morlacchi, che l’avean veduta per lo avanti, mi parlarono, come di una cosa prodigiosa, ed ebbero ragione. Passata questa porta, entrammo nella terza Sala, lunga sedici passi, e larga nove. Ella è una Sala, che merita più di tutte le altre di essere ponderata per la moltiplice varietà de lavori degli stillicidj, e la serie de’ piccioli Colonati, che subito volgendosi a sinistra ascondono due porte, che servono d’ingresso a due rami di questa Caverna. A piedi della porta sinistra si vedono varie vasche, che colla loro unione esterna formano due recipienti pieni di acqua limpidissima, ed in mezzo di uno di essi vi è un lavoro di acqua, che apparentemente sembra essere una spongia. Io penetrai solamente nella destra porta, unitamente a due Morlacchi per osservar questa parte sotterranea, e vi trovai sommo diletto, e piacere. Noi vagammo per cinquanta passi sempre all’ingiù, saltellando da precipizio in precipizio sopra masse straordinarie di sassi sfaldati