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regnava tanta trascuratezza per l’Agricoltura ne’ Morlacchi, ciò non puote dirsi colpa di essi loro. Le Guerre continue, che li molestavano erano le sole radici, di un mal sì grande. Di sovente conveniva lasciar l’aratro, per accettar la disfida di qualche nemico. Aveano questa sventura anticamente i loro maggiori verso le spiagge del mar nero, come Ovidio ne fa testimonianza co’ seguenti versi

          Est igitur rarus, qui jam colere audeat: isque
               Hac arat infelix, hac tenet arma manu.
          Sub galea pastor pice junctis cantat avenis
               Proque lupo pavidæ, bella, verentur oves.

In tal maniera i Morlacchi non potevano mai diventar Agricoltori, e temendo essi sempre nove guerre, non si curavano di posseder, e coltivar terreni e per questa ragione anticamente non avean mai limiti prefissi ai campi.1 E chi dopo quelle in-

    bellicosissimus nihil agens, delegata domus, & penatiun, & agrorum cura fæminis, senibusque, & infirmissimo cuique ex familia. Ipsi hebent: mira diversitate naturæ cum iidem homines sic ament inertiam, & oderint quietem. Tacit. de Mor. Ger.

  1. Gli antichi Sciti, da cui provengono i nostri Morlacchi, non aveano mai limiti prefissi ai campi, secondo la testimonianza di molti Storici

              Imetata quibus jugera liberas
              Fruges, & Cererem ferunt.

    Al presente per qualche poco si conserva ancora questa usanza. Nel Territorio di Sign, la Campagna detta Jasensko, poco lungi dal Fiume Cettina non à proprietarj, ma chi primo arriva a seminar ivi ogni anno, quello raccoglie anche