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trovò grande ciò, che ad un altro più versato di me sembrerebbe assai mediocre. Io mi terrò peraltro lontano dall’ingrandire arbitrariamente le cose, che dagli altri in seguito potessero essere dimostrate minori della fama. E perchè nessuno creda, che io abbia vagato per giornate intiere entro le Caverne, non dirò mai Viaggio sotterraneo all’estensione di men di un quarto di miglio. Vantaggi assai piccioli possono, lo confesso, arreccare le mie peregrinazioni sotterranee, ma gli amatori della Scienza Naturale non dovrebbero essermi ingrati, per aver almeno additati loro i siti, ove possano far le loro saggie osservazioni, viaggiando per queste contrade.

In distanza di cento passi all’incirca dalla prima sorgente della Cettina, andando per un Valloncello, a mano sinistra verso la metà del Monte si asconde la imboccatura della Caverna la più magnifica, la più bella, e la più meravigliosa, che io mi abbia veduto sopra le otto fonti principali di questo Fiume. Tosto che si entra nella Caverna, si veggono sassi di mole, non grande, bensì in quantità ammucchiati, rovine probabilmente di antiche muraglie, fabbricate rozzamente a secco. Avanzandosi più oltre per dodici passi, sorge alla sinistra una muraglia men rozza, alta sei piedi, che forma una porta col muro naturale dalla parte opposta, per render più difficile l’introito. In questa, ed altre tali impraticabili, aspre ed orridissime spelonche non piantavan mai gli antichi pretesi Selvaggi del Fortis le loro abitazioni, ma ne’ casi atroci, e lagrimevoli di guerra, che non di rado accadevano, vedendosi essi attorniati da un numeroso stuolo de’ nemici come in ultimo asilo portavano tutto ciò, che aveano di più buono, e di più caro. Parecchi vecchi armati quivi stavano solamente alla custo-