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§. XXI.

Talenti.

I
Talenti de’ Morlacchi non ànno limiti sì corti, come alcun crede, e certi Spiriti son prevenuti in loro disavvantaggio forse più del bisogno. Il Fortis scrivendo sembra, che loro faccia giustizia, quando dice, che „la svegliatezza d’ingegno, e un certo spirito naturale d’intraprendenza rendono i Morlacchi atti a riuscire in ogni sorte d’impiego“, e parlando poi con alcuno asserisce, che i loro ingegni sono più crassi, che se fossero nati in Beozia, non escludendo pure i più colti abitanti della Dalmazia. Ma dissemi un suo amico, che questa differenza da parlare a scrivere à delle ragioni particolari, nè io vo rompermi la testa per indovinarle, benriFonte/commento: Pagina:Osservazioni di Giovanni Lovrich.djvu/269 mi sembra cosa poco lodevole lo scrivere una cosa, e parlarne un’altra. Tuttochè peraltro gl’ingegni de’ Morlacchi sembranmi benissimo disposti ad apprendere qualunque cosa, essi vivono in una perfettissima ignoranza, ed il Fortis certamente volle lodarli troppo, dicendo, che anche adulti imparano leggere, scrivere, e conteggiare, non essendo generalmente abili in veruna delle tre qualità, loro attribuite. Imperocchè essi devono pensare al sostentamento della vita più, che al raffinamento dell’ingegno, che volendo anche raffinarlo, mancano loro i mezzi, laonde niente più vero, che que’ due versi di Ovidio, dove dice, che se Omero stesso fosse posto fra’ Geti (oggidì Morlacchi) diverrebbe Geta anch’esso, e per conseguenza le sue cognizioni non potrebbono estendersi più di quelle de’ Geti.