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che senza la ispirazione di Bacco non mai ben si stabilisce il contratto matrimoniale ad usanza degli antichi Romani, che ne’ banchetti trattavano delle cose Divine, e pertanto le più serie.1 Finita la cena il più rispettabile de’ Proszci, premessa la cerimonia „se il destino avrà stabilito“ dice, ch’e’ vorebbe contraer amicizia colla casa, da cui è ospitalmente, e con amore accolto, e questa sarebbe di formar il matrimonio tra uno della sua famiglia, e la fanciulla, che viene ad essere figlia, o in qualche modo parente a quello, da chi ella si richiede. Risponde il Capo di famiglia ad una tal richiesta ai Proszci tutti: „andate a casa; lasciateci esaminare, e tornerete a udir la decisione un altro giorno,“ che viene fissato. In questo frattempo esaminano i parenti della fanciulla lo stato dello Sposo, di cui talotta vanno a visitar la casa. Il Fortis dice „che in qualche paese, la giovane stessa va a visitar la casa, e la famiglia dello Sposo propostole, prima di pronunciar un sì definitivo.“ Che la cosa sia così, io non vorrei assicurare, ma s’ella è, non sarà poi vero ciò, che al Fortis scappò dalla penna, che non si suol badare alle circostanze di chi chiede

    parenti della stessa, in caso diverso se ne tornano addietro colle loro provigioni, ed essi la intendono meglio degli altri.

  1. Persio in una delle sue Satire sferza i Romani, perchè trattavano di cose Divine ne’ banchetti.

                        . . . . . Ecce inter pocula quærunt
                        Romulidæ saturi quid dia poemata narrent.