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in abissinia 1867-1868 31


VI.

Condotta politica e militare della spedizione.

Quando il governo inglese s’accinse ad intraprendere la spedizione, le condizioni politiche dell’Abissinia erano già ben diverse da quelle dei primi tempi del regno di Teodoro: la ribellione aveva intieramente trionfato, ed il potere del Negus non oltrepassava i limiti del territorio occupato dai suoi soldati.

Delle tre grandi provincie in cui si divide l’Abissinia (il Tigré al nord, l’Amhara al centro, e lo Scioa al sud), la prima obbediva ad un principe Kassa, la terza ad un principe Menelik, rappresentanti ambedue di famiglie succedute già agli antichi re e scacciate poi da Teodoro. La seconda, ossia l’Amhara, occupata ancora in parte dalle truppe del Negus, era corsa in tutti i sensi dalle bande armate di parecchi principotti, i quali, concordi solo nel combattere Teodoro, cercavano ognuno di allargarsi a spese del vicino.

Siffatta condizione di cose doveva facilitare di molto l’opera degli inglesi; e sir Robert Napier diede subito a divedere che avrebbe saputo metterla a profitto. I suoi proclami agli abissini, i suoi ordini alle truppe, le sue conferenze coi capi villaggi o coi principi ribelli, crearono ben presto la certezza che gli inglesi non avevano altro scopo fuorchè vendicarsi di re Teodoro, che sarebbero rimasti totalmente estranei alle lotte intestine del paese, che avrebbero rispettato religione, proprietà, persone, e, finalmente, che, appena ottenuta la liberazione dei prigionieri, si sarebbero immediatamente ritirati lasciando agli Abissini stessi la cura di aggiustare le faccende loro.

Questo programma, fedelmente seguito in tutte le circostanze, doveva necessariamente attirare al corpo di spedizione le simpatie del paese: i principotti, i capi distretto, i capi villaggi correvano a gara a rendere onore a Sir Robert Napier e ad accettare i doni che ad ognuno d’essi egli presentava: e tutti indistintamente, non