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era talmente compatta, che era affatto impossibile aprirsi un varco, e bisognava aspettare: le esalazioni che emanavano da quei corpi e dalla carne cruda che portavano tra le loro provviste erano qualcosa d’asfissiante: uno di loro mi passò daccanto portandosi sulle spalle una coscia, strappata allora allora dal cadavere di un mulo!

Per completare la scena, le montagne vicine si coprivano di tratto in tratto di Gallas, venuti per vendicare su questi sgraziati il sangue dei loro fratelli, rimasti vittime delle crudeltà di re Teodoro: la confusione e le grida erano allora qualcosa d’indescrivibile, e i distaccamenti di truppa che percorrevano la strada, con incarico di proteggere gli emigranti, erano costretti a far fuoco per tener lontane quelle orde. Nella valle del Bascilo la batteria di campagna dovette sparare a mitraglia.

Riposatosi un giorno sull’altipiano di Talanta questo immenso sciame di gente, si pose di nuovo in moto per attraversare il Gidda e raggiungere l’altipiano di Wadela: erano, per la maggior parte, nativi di Debra Tabor e Gondar, e si avviavano verso le rovine di quelle due città.

17 aprile. — Il giorno 17, dal campo di Talanta potei godere lo spettacolo di Magdalà in fiamme: il generale in capo aveva ordinato che si abbattessero le due barriere in muratura, che si desse fuoco alle capanne e che si distruggesse ogni vestigia di quella sentina d’iniquità: aveva solo raccomandato che si risparmiasse la chiesa, ma fu impossibile il deviarne le fiamme; e così, forse già a quest’ora, nessuno sa più indicare dove riposino le ceneri di quell’uomo che, per tanti e tanti anni, agitò e sconvolse l’Abissinia intera e attirò a sè, per qualche tempo, anche gli sguardi di Europa.