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del Scinde, invece di mangiarlo, lo gettavano ai cavalli, perchè lavoro di mani più o meno cristiane, quindi infedeli...

Altra volta, era stato dato ordine che, dopo il tramonto del sole, tutti i fuochi del campo fossero spenti; ma i nostri bravi mussulmani si trovavano appunto allora in quell’epoca dell’anno (il Ramazan), durante la quale il Profeta proibisce di cibarsi, mentre il sole è ancora sull’orizzonte; e, per non lasciarli morir di fame, si fu costretti a ritirar l’ordine e permettere i fuochi anche di notte.

Ma su questo proposito sono ancora ben più curiosi gli Hindù; questi ultimi, divisi in cento sêtte e cento caste diverse, si rifiutano di aver comune il fuoco con chiunque non appartenga, non solo alla stessa setta, ma ben anche alla stessa casta; succede così che in uno stesso reggimento si vedono tanti fuochi, quanti sono gli individui che lo compongono; ognuno di questi ha il suo materiale di cucina, che custodisce gelosamente e con molta cura, e che getterebbe via immediatamente, se venisse a sapere che un infedele se n’è servito. Guai a coloro, massime se europei, che si avvicinano ad un Hindù occupato a far cucina! Mi diceva un ufficiale che quelli delle alte caste si considerano come polluti, se hanno mangiato cibo su cui sia passata l’ombra di un europeo. Gli Hindù tengono sacro il bue e non si cibano che di carne di montone, ammazzato, s’intende, colle loro mani: non bevono nè vino, nè liquori, ed hanno comune coi mussulmani il sacro orrore per qualsiasi cibo fabbricato da mani d’infedeli...

Peccato davvero, che quei pregiudizi facciano troppo forte contrappeso alle belle doti dell’indiano. Sobrio, paziente, duro alla fatica, nato apposta per servire ed ubbidire!

8 aprile. — Una cosa, alla quale nessuno s’attendeva e della quale possiamo ben chiamarci fortunati, è l’abbondanza delle provviste che si sono trovate in questa loca-