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indifferente, dev’essere qui più abbondante che altrove; e non ci successe mai di vedere riuniti sul nostro passaggio così gran numero di indigeni.

Il lago, con bacino elittico, il cui asse maggiore misura cinque o sei chilometri ed il minore tre o quattro, abbonda di anitre; ma la caccia ne è difficilissima a causa del terreno paludoso che lo circonda, e più ancora a causa di certe fessure nelle quali si può sparire senza speranza alcuna di poterne venir fuori, come successe appunto, dicono gli indigeni, a 300 Gallas venuti due mesi or sono per saccheggiare; vi sono oltre a ciò dei rettili della famiglia dei coccodrilli, ai quali certamente non conviene troppo avvicinarsi.

Non una sola barca viene a dar vita alla scena.

20 marzo. — Alle 7 del mattino lasciamo il campo presso il lago Ascianghi e due ore dopo giungiamo a Messaguta; la strada costeggia per un poco il versante occidentale del bacino del lago, si inoltra poscia nell’interno, onde evitare un picco che sporge nel lago e ritorna da ultimo a costeggiarne la riva presso la sua estremità meridionale. — Attraversato quindi un bassissimo colle, esce finalmente dal bacino ed entra nella valle di Messaguta.

22 marzo. — Alle 7 ci mettiamo in moto: superata una valle parallela a quella di Messaguta e appartenente, al par di essa, al versante orientale della gran catena, ci troviamo ad un tratto sulla cresta principale. Dopo quattro ore di marcia scendiamo finalmente nella valle di uno degli affluenti del Takazze e andiamo a stabilire il campo dirimpetto al villaggio di Arancuà, nel territorio di Lat.

La strada che abbiamo percorsa, difficile solo in alcuni punti, era in generale comodamente praticabile; il terreno quasi tutto roccioso, e solo coperto di cespugli.

Verso sera, vengono pubblicati diversi ordini riguardanti una nuova distribuzione della forza in due brigate,