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viamo com’egli trovasse solo pochi italiani tra quei religiosi, per la massima parte ungheresi e polacchi. Ciò non ostante, i religiosi italiani conservarono sempre il loro convento di Târgoviște e furono anche adoperati più volte, nella seconda metà del secolo XVII come agenti segreti 1 nelle loro relazioni colle potenze cattoliche dai principi Mihnea III, Gheorghe Ștefan e Grigore Ghica, tutti e tre favorevolissimi alla propaganda cattolica in Rumania2

Un esempio di come codesti prelali contribuivano alla diffusione della cultura italiana in Rumania— Vito Piluzio e Miron Costin.

Un esempio di come codesti prelati italiani contribuissero alla diffusione della cultura italiana in Rumania ce l’offre Miron Costin in un passo della sua Cartea pentru descălecatul de ’nteiu a Țerei Moldovei, nel quale, a proposito della simiglianza dei costumi italiani e moldavi, riferisce un suo dialogo con un vescovo (che abbiam tutte le ragioni di creder fosse Mons. Vito Piluzio da Vignanello) che non sarà stato nè il primo nè l’ultimo fra i due dotti uomini. „Molte usanze” — osserva il Costin nel libro sopra citato — „esistono anche al presente nel popolo rumeno che sono italiane: per esempio quello dell’esser i rumeni come gl’italiani larghi di ospitalità nelle loro case ed alla mano con tutti; il ricever che fanno con vivo piacere chi vada loro a far visita, e, così via dicendo, nei divertimenti e nel domandarsi l’un l’altro notizie intorno alla salute ed agli affari, senza aversene a male. Chiunque è stato in Italia ed ha bene osservato gl’Italiani, non avrà bisogno d’altri ragionamenti per convincersi che Italiani e Moldavi non sono in fondo che un solo e medesimo popolo. In casa mia, a Iassy, mi si dette un giorno l’occasione d’intrattenermi a conversare su codesto argomento con un vescovo italiano, e, fra Valtre cose di cui spontaneamente mi parlò, mi disse anche qualcosa intorno ai costumi dei due popoli,

  1. Per le relazioni colla S. Sede si servirono specialmente del Bandini e del Piluzio.
  2. Cfr. i documenti pubblicati del Prof. I. Bianu in Columna lui Traian (1883) e specialmente la lettera (op. cit., pp. 274 sgg.) in cui Gheorghe Ghica Vodă manifesta al Papa la sua intenzione di farsi cattolico e di venirlo a trovare a Roma.