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per tutto, anche in Moldavia il secolo XVII segnò un’epoca d’infiacchimento del sentimento religioso e di deterioramento nei costumi del clero; onde il Bandini fu costretto a restare a lungo in Moldavia, per metter freno agli abusi di ogni sorta che si facevan da quei religiosi e pacificar gli animi esasperati. I frati ungheresi s’erano impadroniti infatti delle rendite dello diocesi ed erano talmente gelosi dei gesuiti polacchi e della loro influenza, che giunsero fino al punto da denunziarli al Voda, avvertendolo che se avesse permesso loro „di fare il nido in Moldavia” si sarebbero colle loro astuzie „impadronito di tutti i migliori monasteri ortodossi” a gran disonore del clero scismatico moldavo. I costumi erano poi depravati a tal segno che per qualche bicchiere di vino, un missionario aveva maritato una donna due volte. Il povero Bandini non sapeva dove mettersi le mani e lassi che di lontano gli era parsa colle sue colline un’altra Roma, quando ci fu entrato, gli si trasformò in un inferno, tanto più che il Voda era ormai stanco di tanti scandali e minacciava di scacciare i religiosi. Dalla preziosa relazione che il Bandini ci ha lasciata di questa sua visita apostolica in Moldavia, rile-

    titolo del ms. dell’Acc. Rumena è: „Visitatio ❘ generalis Omnium Ecclesiarum Catholici Romani Ritus in provincia Moldaviae... cum nonnullis rerum Moldaviearum ❘ Annolationibus, quae apud scriptores vix vel raro inveniri possunt... per me Fratrem Marcum Bandinum a Scopia Minoris observantiae S. ac Seraphici Patris Nostri Francisci. Bacoviae in Moldavia in nostro Archiepiscopali ergastulo. Anno Domini 1648. Dell’elegante latino in cui è scritta daremo più giù un piccolo saggio. Non sarà ora inutile aggiungere che la Visitatio del Bandini è qualcosa di ben diverso dagli aridi e per lo più male scritti resoconti di altri missionarii. L’autore si propone, al contrario, di scrivere un’opera letteraria e perciò non solo cura lo stile, ma s’intrattiene a lungo sulla natura dei luoghi che attraversa e delle persone colle quali viene in contatto. Alcune sue descrizioni di spettacoli naturali e specialmente di paesaggi hanno un’evidenza e una grazia che ricordano (di lontano è vero) alcune tra le più belle scenette campestri del Piccolomini. Riportiamo qui la descrizione dei dintorni di Galatz, perchè il lettore si faccia un’idea di come occupava il suo tempo un Monsignore italiano del ’600, quando le nevi e i ghiacci lo rinchiudevano nel suo „episcopale ergastolo” di Bacali: „Aura undequaque spirat gratiosa et salubris, prospectus jucundissimus in obtutu Danubius, ultra quem nemora pulcherrima, pratis quasi hortis discriminata; ultra haec duorum milliarum tractu interposito Bulgariae montes conspiciuntur. Si quis oculos retorqueat in sinus Moldaviae, bine crystallini lacus visum recreant, illic vineta et pomaria diversorumque fructuum amoenissima viridaria oblectant.” Uomini così colti e pii fanno onore all’episcopato italiano e certo non inutile è stato il loro soggiorno in Rumania per la diffusione della cultura italiana!