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vitali di un’influenza, che, se non fu mai preponderante, avrebbe certo meritato miglior fortuna.
L’imitazione infatti dell’architettura italiana del Rinascimento avrebbe senza dubbio dato frutti migliori di quella sassone ed avrebbe se non altro risparmiato agli occhi del visitatore di Bucarest, quel vero campionario di stili nordici imbastarditi ch’è per esempio il Bulevard Colței, dove solo da qualche anno è possibile riposar l’occhio su qualche villetta (una assai graziosa ne sorge all’angolo di Strada Verde), in cui lo stile rumeno e la scultura decorativa del Rinascimento ci appaion fuse in una forma d’arte perfettamente logica e non priva di grazia (lo stile „brancovenesco”), quasi a mostrare quale immenso profitto si sarebbe potuto trarre dall’arte italiana, ormai bell’e acclimatata, qualora non si fosse lasciata sopraffare da una vera e propria invasione barbarica.
Ma... può lagnarsene la terza Italia, che, accanto alle meraviglie del Bernini e del Maderna, ha pur osato costruire, abbattendo „i lauri e i roseti di Villa Sciarra, per così lungo ordine di notti lodati dagli usignuoli”, le „gabbie enormi e vacue, crivellate di buchi rettangolari, sormontate da cornicioni posticci, incrostate di stucchi obbrobriosi”, che il D’Annunzio paragona a buon diritto, ad un „immenso tumore biancastro” sporgente „dal fianco della vecchia Urbe?” Certo che no; e soprattutto qualora consideriamo come quella invasione di stili nordici intisichiti non sia stata purtroppo ostacolata affatto dei numerosi architetti, o, per esser più giusti, dai troppi muratori italiani improvvisatisi architetti, ai quali si deve per lo meno un buon terzo di quelle grottesche costruzioni. E meno male che all’Italia quel „vento di barbarie” ha pur fruttato alcune fra le più belle pagine di prosa che vanti la sua letteratura: il preludio squisito, di cui Gabriele D’Annunzio volle adornare le sue Vergini delle Rocce!
e) Missionari.
α) Istituzione delle prime sedi episcopali di Milcov, Severin, Argeș e Bacău. — Frati minori di S. Francesco e domenicani.
Molto maggiore influenza poterono esercitare per ciò che riguarda la diffusione della cultura italiana in Rumania, i numerosi missionari che, fin dai tempi di Innocenzo III, la Curia