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respiro sotto le volte troppo basse di quelle stanzucce male illuminate dalla poca luce, che, superando gli ostacoli delle alte mura e della torri di cinta, riesce a filtrare attraverso le piccole finestre. È venuto oramai anche per la Valacchia il momento, in cui l’arte architettonica si spoglia dell’abito feudale invecchiato, per rivestir quello dei tempi nuovi. Si sente, ora per la prima volta, il bisogno di abitare in camere grandi, spaziose „in cui l’occhio possa dilettarsi della bellezza ornamentale dei candidi stucchi, che riveston le pareti delle ampie sale, o dei fogliami delle balaustrate che fiancheggiano i sontuosi scaloni. Si sente il bisogno di logge (pridvor) spaziose e di ameni belvederi (foișor), dall’alto dei quali l’occhio possa spaziare sugli ampi cortili, bellamente adorni di giardini, o sul luccichio delle acque dei laghetti che si stendono a’ loro piedi. Si sente in una parola bisogno per la prima volta di molt’aria e di molta luce.

Tutto rivela una vita nuova: la stessa parola di casa principesca (casa domnească) come s’era fino a quest’epoca chiamata

    Turchi, si legga (pp. 139 e segg.) l’esilarante aneddoto di quell’Agà, che, non trovandosi più alla corte del Sultano chi volesse andare a portar ordini al Cantacuzino, dopo essersi vantato „di non temere nè della smisurata statura, nè della terribil voce di quel Principe, a cui anzi averia egli messo paura” (p. 139), dovette poi tornarsene a Costantinopoli „tutto mortificato, e contuso, maledicendo l’ora e il momento, in cui la sua capricciosa bizzarria lo aveva indotto di andar a metter paura al Principe Scerbano”, tanto più che prevedeva „le beffe e risate de’ suoi Compagni, i quali avevan, con giusta ragione, schivato di andar nella Valacchia, consapevoli di qual animo fiero fusse il Principe, che allor la governava”, (p. 142) „La di lui maestosa statura, e terribil suono di voce” (p. 138) erano invero tali „che, quando aleun Nobile, per qualche premuroso interesse, avea bisogno di parlare col Principe, donava la mancia al Paggio, che era di guardia alla Portiera, acciò sinceramente dicesse s’era di buon umore; ed allora, prima di entrare alla Udienza, facevasi divotamente il Segno della Croce, con raccomandarsi a Dio, che lo liberasse dalla di lui collera, per causa di cui alcuni erano effettivamente morti di timor panico.” (p. 143). Quanto al suo amore per le arti, il Del Chiaro c’informa:,„Era assai affabile e gioviale” colle persone di merito...Amatore de’ forestieri a’ quali spezialmente facea sperimentar gli effetti della sua gran generosità. Mecenate co’ Virtuosi, e Fautore delle belle lettere, introdusse nella sua Corte un modo di vivere più pulito, e civile; giacché, fino a quel tempo, non era stato in uso l’adoperar vasellami di argento, spezialmente alla Mensa. Edificò in Bucoresti quel Ilari, o sia alloggio per Mercanti di ogni sorta, che oggidì si chiama, Il Han di Scerban Voda; le di cui annue rendite destinolle al Moni stero di Cutrucciano (Mânăslirea Cotroceni) edificato da lui con tutta la sontuosità, senza riguardo alcuno di spese, si nel fabbricarlo, come nel dotarlo di buone entrate.” (p. 144).