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maggiore) talvolta che nei più grandi artefici del rinascimento veneziano; han fatto sì che intorno ad essa si sia formata una leggenda ch’è una tra le più belle e tenere della meravigliosa letteratura popolare rumena ed ha sostituito il nome d’un leggendario tragico architetto a cpiello rimasto ignoto del grande che l’ideò e la condusse a termine. Meșter Manole non è probabilmente mai esistito e gli eruditi1 san bene di quali elementi sia materiata la leggenda, per cui al suo sogno d’arte sacrificò la vita della donna amata, murandola viva nelle pareti della Chiesa, perchè il muro non cadesse ogni notte ed egli all’alba non suffrisse dello stragio di veder distrutta in un attimo tutta l’opera d’un giorno e resa impossibile l’incarnazione perfetta della sua visione d’artista; ma egli vive nell’opera sua di una vita „più vera e migliore”, egli vive nella coscienza e nella doina del pastorello rumeno, che, contemplando di lontano la mole stupenda, crede ascoltare, nel silenzio dell’alba o negl’incendi del tramonto, il lamento della giovine innamorata: „Manuele, Manuele! Mastro Manuele! Forte mi stringe il muro, il seno mi schiaccia, la creatura mi uccide!”2
Meșter Manole in fin dei conti potrebbe anch’essere un tedesco; ma oserei pregare i glottologi di non volersi affidar troppo a quel meșter, poi che è noto che la maggior parte delle parole tecniche riguardanti l’arte dei costruttori è in rumeno d’origine tedesca; il che ha certo la sua importanza, ma non vale infine a provar la nazionalità di alcun meșter. Meșter Manole potrebbe invece, e con probabilità assai maggiore, essere un italiano, poi che, come abbiam visto, oramai quasi tutti gli storici rumeni han finito col riconoscere che elementi italiani nell’architettura
- ↑ Cfr. su questa interessante leggenda, che troviamo anche nella letteratura popolare serba e bulgara, la memoria dell’Odobescu, pubblicata in Scrieri istorice, III, 516 e sgg.
- ↑ Cfr. V. Alecsandri, Poesii populare ale Românilor, București, 1866, p. 190:
Manoli, Manoli,
Meștere Manoli!
Zidul rău mă strânge,
Țițișoara-mi plânge,
Copilașu-mi frânge!”
(Mânăstirea Angeșului).