Pagina:Ortiz - Per la storia della cultura italiana in Rumania.djvu/50

40

cilescu1, che, accanto all’opera di quegli orefici sassoni di Transilvania, cui il Iorga vorrebbe attribuir tutto il merito, non manca di riconoscer quella di orefici italiani. Del resto, lo stesso Iorga pur negando l’opera degli orefici, tende ad ammetter quella degli architetti italiani. „Anche nell’architettura della nuova splendida costruzione, si può veder l’influenza esercitata dal Monastero di Dealu. È merito degli architetti orientali o Armeni come si suol di continuo affermare? Non sarei per crederlo; comunque, non ci son prove, e neppur probabilità tali, da farci aderire ad una tale ipotesi. I maestri veneziani avevano infatti nozione degli usi e degli ornamenti dell’oriente, e, senza alcun dubbio, a qualche architetto dalmata che aveva subito l’influenza della nuova architettura lineare del Rinascimento, si rivolse Neagoe [il fondatore della magnifica chiesa] del quale sappiamo che mandava spesso ambasciatori a Venezia”2. Tra le carte dunque del R. Archivio veneto di Stato, è da cercar la risposta a codesto importante, anzi fondamentale problema di Storia dell’arte. La chiesa della Corte di Arges è forse, dopo S. Sofia3, il più prezioso documento d’arte bizantina4. L’originalità della sua pianta, la saldezza e la linea della sua costruzione, la squisita eleganza degli ornati che attestano negli autori una fantasia ed una squisitezza di gusto non minore (e forse, per ciò che riguarda la fantasia, persin

  1. Gr. C. Tocilescu, Biserica episcopală a Munăstirei Curtea-de-Argeș restaurată, s. c. 1., București, 1886, p. 40: ,,Pe lângă artiștii din Orient, Neagoe a avut recurs la meșteri orfăurari din Transilvania, și chiar din Italia și Germania.” [„Oltre che ad artisti orientali, Neagoe ricorse anche ad orefici transilvani ed anche italiani e tedeschi.”]
  2. N. Iorga, Vechiul meștesug de clădire al Românilor, nella citata Istoria Românilor în chipuri și icoane, II, 29— 30. Che cosa andassero a fare a Venezia questi ambasciatori si può rilevare dalle seguenti parole del Iorga medesimo: „In cerca di architetti e cesellatori [Neagoe] spedi in su e in giù ambasciatori ne’ paesi con tradizioni artistiche: ai Veneziani e ai Sassoni di Transilvania.” (Istoria literaturii religioase până la 1655, București, Socec, 1904, p. 52). Quanto all’architetto, ritiene potersi trattare di un serbo, o magari di un rumeno allievo di quelli dalmati, ai quali si deve il Monastero di Dealu.
  3. Se dovessimo stare a sentire un panegirista di Neagoe-Voda Basarab, Gavril Protul; la Curtea de Argeș sarebbe anche superiore. Ma di che non è capace un panegirista quando ha preso l’aire! Cfr. N. Iorga, Istoria bisericii românești și a vieții religioase ale Românilor, Vălenii-de-Munte, 1905, I, 129.
  4. Cfr. lo studio del Romstorfer, Die Moldauisch-Rizanlinische Bankunst, Wien, 1896.