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ziano1. Sotto il regno di questo medesimo Principe fu inoltre „introdotto nei paesi danubiani la stampa” per opera di „un religioso slavo educato a Venezia”, un tal Macario, che, anche prima, aveva pubblicato a Cettigue „alcuni libri liturgici ortodossi”, nei quali „l’arte italiana si riconosce” dalla forma tondeggiante specie delle maiuscole2. Nella stessa Chiesa della Colie di Argeș, il più puro gioiello d’arte bizantina che la Rumania possegga, il Iorga vede „elementi che non appartengono alla tradizione rumena o a modelli orientali”3, e, per quanto egli sembri restio ad ammetter l’influsso italiano4 nelle opere di cesello che l’adornano, esso ci è chiaramente attestato del To-

  1. Ibid.
  2. Ibid. Cfr. anche del medesimo: Istoria Românilor pentru poporul românesc, Vălenii-de-Munte, 1910, p. 142: „prin Macerie... se tipăriră o sumă de lucrări slavonești care se deosebesc, nu numai prin slova lor limpede, de tăietură venețiana, dar și prin frontispiciile împodobite.” [„si stamparmi da Macario una quantità di opere slave, che si distinguono dalle altre non solo per via dei loro tipi assai chiari, di taglio veneziano, ma anche per gli ornati del frontispizio.”] Cfr. sulla questione dell’introduzione dell’arte tipografica in Rumania, l’ottimo lavoro del Picot, Coup d’oeil sur l’histoire de la lypographie dans les pays roumains au XVI-e siècle, Paris, 1895 e sulla tipografia di Cottigne i lavori del Jagici, Der crsle celinjer Kirchendruck, Wien, 1884, e del Tomanovici, Die erste slavisch-cyrillische Buchdruckerei in Centralblalt f. Bibiolhekswesen, XVII (1900), p. 4219. Un ottimo articolo riassuntivo e critico delle diverse opinioni sulla data della prima introduzione dell’arte tipografica in Muutenia è poi quello di Nerva Hodoș, Începuturile tipografiei în țura românească în Convorbiri Literare, XXVI (1902) pp. 1051 sgg. Prove convingentissime dell’influenza tipografica veneziana sulla tipografia montenegrina e poi rumena di Macario si posson vedere in Bianu și Hodoș, Bibliogr. românească vechie ed Horatio F. Brown, The venetian prinling press, London, 1891, pp. 42 e 44.
  3. Ibid., p. 80.
  4. Ibid. Alludo alle parole: „La nuova chiesa di Argeș, eretta da quel principe artista che fu Basarab-Neagoe, contiene elementi che non appartengono alla tradizione rumena o a modelli orientali. Ma i suoi orefici eran Sassoni di Transilvania abitanti a Kronstadl ed Hermanstadt che gl’Italiani del tempo chiamavano rispettivamente Corona e Cibinio.” Coni’ è chiaro, il Iorga qui non fa che negar l’influsso degli orefici italiani, non degli architetti. Che infatti egli parlando di „elementi che non appartengono alla tradizione rumena o a modelli orientali” intenda alludere (con una certa naturale riserva in questione così poco chiara) ad elementi italiani; appar chiaro dal passo che riferiamo immediatamente e in cui il Iorga ci dice chiara e tonda la sua opinione, pur sapendo di non trovar molti disposti ad accettarla.