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il regno d’Ipsilanti; e, se di Ragusa era quel Giovanni Iveglia[1] che, per conto del Principe Ipsilanti, impostò e costruì a Braila le due navi richieste dalla Sublime Porta, italiano e veneziano della più bell’acqua era senza dubbio il pittore Giorgio Venier[2], che, col dipinger nelle chiese e nei monasteri ortodossi le immagini dei liberali fondatori (rum. ctitorii, cfr. gr. κ) raggranellò una discreta fortuna e fu nel 1787 innalzato dal Voda al grado di archizugrav[3]

d) Influsso dell’arte decorativa italiana del Rinascimento su quella rumena.

α) Primi influssi: Mânăstirea Dealului — Arie Tipografica — Curtea de Argeș — Pietre sepolcrali.

Questi i pochi e poveri nomi di cui ho notizia. Ciò non ostante, oggi anche i più restii fra gli storici rumeni han finito coll’ammettere un influsso dell’arte italiana del Rinascimento su quella rumena dell’epoca di Stefano il Grande e Neagoe Basarab. Per ciò che riguarda il Monastero di Dealu (Mănăsterea Dealului) la cosa sembra al Iorga, evidente. „Già cominciava a sentirsi [ai tempi cioè di Stefano il Grande] nei principati rumeni l’influenza del rinascimento italiano. Nei fregi delle iscrizioni commemorative e sepolcrali[4] dell’ultimo periodo del regno di Stefano, si veggon linee che non rassomigliano affatto a quelle del gotico tradizionale”[5]. Più tardi „Radu il Grande erigerà (1500— 01) il bel monastero di Dealu, presso Tîrgoviște, sua residenza, dove le line chee ornano il portale hanno un incontestabile carattere vene-

  1. N. Iorga, Ibid., p. 18. Cfr. anche Sulzer, Geschichte des transalpinischen Daciens, Wien, 1871, III, 51.
  2. N. IORGA, Ibid., p. 18 e V. A. Urechia, Istoria școalelor, I, 76— 78.
  3. Cioè, in altri termini, primo pittore di corte, arcipittore, o, se non vorremo fare al Venier l’oltraggio di paragonarlo— - sia pure soltanto nell’appellativo della sua carica — all’archipoeta di Leone X, protopittore!
  4. Come p. es. quelle di un tal Micota, di Ștefan-Vodă figlio di Alexandru (1117) e dell’egumeno Hariton (1536), di cui avremo di qui a poco occasione di parlare.
  5. N. Iorga, Breve Storia, ecc., pp. 79 - 80.