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Russia, dove Pietro il Grande lo nominava protomedico della sua Corte, aveva esercitato in Valacchia il medesimo uffizio sotto il regno di Șerban-Vodă Cantacuzino (1678— 88) e di Constantin-Vodă Brâncoveanu (1688 — 1714); e tornando per poco all’epoca di Stefano il Grande (1457— 1504); converrà osservare, come ai primi anni del regno di lui si possa far risalire l’immigrazione in Rumania degli architetti, costruttori, appaltatori, decoratori, pittori, spesso semplici muratori italiani, durata si può dire fino a qualche anno fa, e, per quanto riguarda i capomastri e gli operai (muratori e terrazzieri nella maggior parte) esistente tuttora, benché in proporzioni assai minori che per l’addietro. Italiani possiamo in fatti considerare a buon diritto gli architetti dalmati, ragusei, albanesi e levantini, che, fin dai tempi di Stefano il Grande e Neagoe Basarab, furon chiamati per conto di varii Voda a costruir chiese e monasteri votivi nelle città e nelle campagne valacche e moldave, poi che tutti eran sudditi di Venezia e ad ogni modo tutti sotto l’influenza di quella meravigliosa e sontuosa arte veneziana della Rinascita, un cui tenue riflesso ci accade tuttora di cogliere nei fiorami che adornano una reai pietra funeraria o negli archi a tutto sesto della porta ancora in piedi d’un vecchio monastero in ruina. Disgraziatamente si tratta d’una turba anonima e modesta ch’è passata senza lasciare altra traccia che le linee e gli ornati degli edificii che con maestra mano ha innalzati; ond’è che non possiam qui citare se non il nome d’un tal Giovanni Privana (che forse sarà da leggere Provana1 al quale Stefano affidò, intorno al 1479, l’incarico di erigere la chiesa votiva di Chilia. Per aver notizia di altri architetti italiani ci bisogna arrivare ai tempi di Ipsilanti (1774 — 1782), del quale sappiamo, che, per ampliare il monastero di Poiana, si servì di un tale Spiridione Macrì2, levantino anche lui, come molti fra gli anonimi che lo precederono, ma italiano di lingua e di cultura, visto che di lui possediamo in italiano una relazione manoscritta e in italiano si firmava: „Ingigner luogotenente Spiridione Macrì”,. Altri ingegneri e artisti italiani, del resto, troviamo in Rumania sotto

  1. Cfr. N. Iorga, Breve storia, ecc., p. 68.
  2. Cfr. N. Iorga, Istoria literaturii românesti în secolul al XVIII-lea, I, 17.