Pagina:Ortiz - Per la storia della cultura italiana in Rumania.djvu/46

36


feroce che negoziava in porci e in buoi con mercanti veneziani e fiorentini colla stessa fredda abilità con cui in una sola notte faceva trucidare quarantotto boiardi e ne disponeva colle sue mani a piramide le teste sanguinose sulla medesima tavola, seduti attorno alla quale avevan pocanzi allegramente insieme banchettato) sappiamo ch’era italiano e nativo „d’Asolo di Bressana”1

c) Architetti, ingegneri, costruttori, appaltatori, decoratori.

Tralasciando ora di menzionar altri minori, e dopo aver accennato brevemente a quel Iacopo Pilarino (1659—1718), greco d’origine ma italiano d’adozione2, che, prima di recarsi in

    et facultatem, restes aureatas, ensem, cingulum, calcaria et alla cuiuscumque generis aureata insigna militaria perpetuo gestandi sic suadente amicitia et benevolentia qua vehementer prosequimur ipsum Dominum Vaivodam [i. e. Dominam Basarab Vaivodam Transalpiensem] nec minus Dignitate personae dicti oratoris [i. e. egregii Domini Hieronymi Malievich Ragusiensis]”.

  1. N. Iorga, Breve storia, ecc., p. 87.
  2. Si addottorò infatti a Padova, prima in legge e poi in medicina, esercitò a Smirne l’ufficio di console della Serenissima, passò in Italia gli ultimi anni della sua vita avventurosa (morì a Venezia il 1718) e scrisse in italiano la sua Medicina difesa, (Venezia, 1717). Di Giuseppe Antonio Pisani medico del Voda Constantin Racovița, che, accusato d’aver fatto morire la Principessa Sultana, fu incarcerato e sfuggì alla pena capitale solo grazie all’intervento del Re di Polonia e del ministro di Francia, abbiamo già avuto occasione di parlare. Riportiamo qui, a mostrare come simili onori non andassero scevri da pericoli e da sofferenze mortali, una lettera del povero prigioniero al ministro polacco Brulli, dalla quale si rileva come si fosse tentato persino di avvelenarlo: „Dal decimo ottavo giorno di dicembre dell’anno scorso [1572] mi misero in un forno a pane et aqua, ed hanno tentato di darmi il veleno: ed il giorno primo di giugno, scambiò principato il principe [dalla Moldavia cioè passò a governar la Valachia], e partì il 27 del medesimo giugno per Buchereste, e mi hà mandato avanti incatenato, volendo che mori. A Foxan, confine della Moldavia, mi è riescito di parlare ad un Moldovano; questo mi ha trattenuto ai confini c lo liò fatto sapere a Matteo principe ora di Moldavia c clic era dragomanno alla Porta; ma il medesimo non hà voluto misticarsi [rumcnismo per: immischiarsene, piuttosto che forma dialettale italiana] e ci hà consegnati al principe nostro; il quale ci conduce ad una inevitabil morte. Hò perdito tutto il mio; non sò dove sia, mentre per lo spazio di sette mesi non hò parlato ad alcuno e non hò veduto il sole, nè luna. La causa è perchè è morta la principessa, tisica. Altro rimedio non ci è che una lettera di Sua Maestà il rè al Visire a Constantinopoli, ed altre a Mgr. l’ambasciatore di Francia; altrimenti bisogna morire. Addio, forsi per l’ultima volta, e risolvete di tutto presto fare; addio.” Cfr. Iorga, Studii și documente, V, 654.