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da Murano morì un anno prima del suo reale ammalato; ed ecco il 1503 un altro ambasciatore di Stefano presentarsi alla Signoria e chiederle un altro medico, non solo, ma „il conseglio de medici di Padoa” sulla strana malattia del Voda che oramai „di li piedi et di le man ”non si poteva più „mover di ajutar”. Oltremodo affettuosa fu la risposta del Doge: „Col sangue, potendo, lo voria varir”, e fra i tre medici (Zorzi di Piamonte, Alessandro Veronese, e Hieronimo da Cesena) che chiedevano di andare in Moldavia, scelse Hieronimo 1 che partì subito alla volta di Suceava, l’antica residenza dei Principi rumeni. Ma Stefano ormai agonizzava. Nel luglio 1504, troviamo infatti a consulto con Hieronimo da Cesena e il medico ebreo del Gran Can dei Tartari un altro italiano, che pare facesse il barbiere a Budapest, pur esercitando a tempo perso l’arte del „ciroico”. Curioso consulto, in cui, mentre il grave dottore di Padova e il non meno grave protomedico del Gran Cane discutevan tra loro dottamente, il fisico-barbiere Lionardo de’ Massari applicava le mignatte a un gran principe, che, dopo aver seminato la strage fra gli eserciti ottomani e arrischiato cento volte la vita nel folto della battaglia, pendeva ora dalle labbra di quei due uomini di scienza (ahi quale scienza!), sperando ancora di poter conservar un rimasuglio misero e dolorante d’un corpo giovine e bello ch’egli aveva pur mille volte, nel primo vigore delle sue forze, offerto in bersaglio agli archibusi e alle scimitarre

    oste l’attende [il Turcho] e potrebbe essere per avventura la sua destruzione, volendo i christiani, chom’anno principiato, seguitare, che questo sarebbe l’anno che choll’aiuto dell’Altissimo si potrebbe acquistare vittorie assai”. (Strozziane, I serie, 324, ff. 63— 6, Iorga, Acte și documente, XVI, 111— 12.

  1. Cfr. Diarii, tomo 5, pp. 275 v., 293 v., 304 v. Hurmuzaki, VIII, pp.35— 39, docc. LXVII, LXVIII, XLIX. Dapprima era stato scelto lo Zorzi, ma „il prior di’l colegio de medici” si oppose „dicendo questo non lo haver dato loro”. Quanto poi ad Alessandro Veronese „per il Principe li (cioè: agli ambasciatori di Stefano) fo ditto non lo toleseno, chè non lo cognossevamo sufficiente.” (Doc. XI.VIII). E fecero bene, chè a quei tempi, molto spesso la morte dell’augusto cliente costava al medico la testa, come per poco non costò a un povero diavolo per nome Giuseppe Antonio Pisani, cui il Vodă Racoviță s’era fitto in capo di far pagar colla vita la morte della moglie Sultana, e ci sarebbe riuscito se non fossero intervenuti il ministro di Polonia, il segretario del principe di Moldavia Giuseppe Michaud, ed altre persone di buona volontà. Parecchi documenti intorno a questa faccenda si trovano nel ms. Czartoryscki della Bibl. di Cracovia, cc. 505 sgg. Cfr. Iorga, Studii și Documente, V, 653.— 654.