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ristiche dello stile alfieriano aveva forse il pensiero, quando asseriva, che nessun’altra lingua al mondo si presta meglio della rumena a tradurne di simili dal greco antico, dall’italiano e da altre lingue; ma il suo pensiero è così poco chiaro, il suo ragionamento così fuorviato dalla preoccupazione polemica, che non possiamo dedurne nulla di specifico e di concreto; neppure, a mo’ d’esempio, che il traduttore si fosse accorto di quelle determinate caratteristiche di robustezza e d’energia nello stile delle tragedie dell’Alfieri. L’impressione che riportiamo dalle sue parole è ch’egli non faccia in esse che estendere all’italiano (e dall’italiano al greco antico e ad altre lingue, che non sappiamo neppure quali si fossero) le caratteristiche più appariscenti dello stile alfieriano; che, insomma, movendo dall’Alfieri, la cui poesia sembrava ad Asaki „tanto sublime, adorna ed eccellente”, da riuscir quasi impossibile al traduttore rumeno di renderla nella propria lingua, senza usare di una tal quale libertà d’interpretazione; Aristia si proponesse ribattere all’avversario che non soltanto la poesia dell’Alfieri, ma qualunque altra, in qualunque altra lingua, offrisse uguali difficoltà di traduzione e presentasse uguali caratteristiche di robustezza e di forza; poteva assai bene tradursi in rumeno senza troppo scostarsi dal testo. Questa l’impressione che le parole di Aristia fanno a me; ma, dato pure che fosse quella di tutti i miei lettori; chi mai potrà assicurar loro e me che la cosa sia andata per l’appunto come crediamo?

Un giudizio meno generale, sembra darci del Saul l’Asaki nell’articolo più volte citato; ma, anche qui, che valore potremo attribuire a un tal giudizio, quando sentiremo lodare una tragedia dell’Alfieri nientemeno che di semplicità? quando ci accorgeremo, che, abituato a lodar la dolcezza della lingua italiana, ci parlerà dell'armonia del verso alfieriano? Ecco le sue parole, dalle quali non risulta in fondo che una grandissima e incondizionata ammirazione per l’Alfieri:

„Quest’opera (il Saul) è una delle più classiche e più difficili tragedie dell’Alfieri, che ha scolpito nel tempio di Melpomene imprese immortali. Ivi si veggono fantasmi d’innamorati della patria che ad essa si son sacrificati, di uomini virtuosi che hanno sofferto per la verità, fantasmi di vendetta e di amore tradito, curvi sulle tombe, facenti risonar l’aria di gemiti commoventi,