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grandi volumi e produsse una profonda meraviglia. La lingua infatti vi appariva ripulita, essendole stata sottratta una buona metà dei vocaboli, mentre l’altra metà aveva subito storpiature d’ogni sorta, perchè se ne vedesse meglio la derivazione dal latino. Si studiava in quegli anni nelle scuole la Storia dei Rumeni di Laurian, che cominciava da Romolo e Remo e contava gli anni dalla fondazione di Roma. In Transilvania pontificava il canonico blasiense Timotei Cipariu, che, ad onta della profonda conoscenza che possedeva della lingua e del suo natural svolgimento, scriveva con una ortografia di parata e quasi sempre con parole „avite”.

Decisamente più lontano di così la scuola latinista non poteva andare per ciò che riguarda la lingua; ma negli studii storici durò ancora molto tempo, benchè mitigata. Ciò che ne resta al presente è l’opinione che siamo Latini, che abbiamo spirito latino, che siam buoni fratelli di tutti i Latini. Di qui — non c’è dubbio— la nostra gran simpatia per la Francia, la sorella maggiore, il parlar che facciamo nella sua lingua, l’imitazione di essa, (Eliade preferiva però l’imitazione della lingua italiana), la facile ospitalità che trovan nella nostra lingua sì letteraria che scientifica ogni sorta di neologismi francesi, l’alimentazione della „lattante” letteratura rumena con la francese, l’emigrazione giovanile a Parigi. Nel latinismo di Laurian convien cercare non solo l’origine di quella specie di francorumeno in cui ha scritto p. es. Mihail Zamphirescu, ma anche di quella moda letteraria francese, cui Bolintineanu ed il medesimo Alecsandri han servito tutta la vita, nonchè delle idee filosofiche, politiche e letterarie che han qui da noi imperato decine e decine d’anni; in una parola di tutti i prestiti inconsiderati e ridicoli che la „sorella minore” si è creduto in dovere di contrarre con la sorella „maggiore”.

L’accoglienza entusiastica preparata da Bucarest agli studenti italiani, le ovazioni in mezzo alle quali il Signor De Gubernatis ha fatto il suo ingresso trionfale in Bucarest (ovazioni che del resto sì son prodigate ad uomini come il Pèladan e il Signor Leo Claretie, nipote d’uno scrittore ben noto), la gita a Roma d’un gruppo rumeno che comprendeva in sè tutti gli elementi del comico, il viaggio posteriore, ricco di disillusioni, che si fece non in Italia, ma à Roma, attraverso l’Italia; son tutti