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a Costache Negruzzi, che intorno ad essa scrive (1836) da Iași una lettera entusiastica alla Gazeta teatrului [La Gazzetta del teatro]; o a Gh. Asaki, che, tre anni dopo, nel foiletonul [appendice] dell’Albina Românească [L’Ape Rumena], insieme con alcune lodi che sembrano un po’ fatte a denti stretti, le rivolge delle critiche abbastanza severe, ed anche, se vogliamo, parecchio ingiuste. Riporteremo dunque il principio della tragedia e due o tre passi delle canzoni di Davide, che son quelli che maggior difficoltà offrivano al traduttore e sui quali in ispecial modo s’appuntan le critiche di Asaki.
SAUL.
ACTUL I
Scena I.
David.
Aci să ’mi opresc cursul, unde m’a ’mpins chiar mâna ’ți |
Da questi pochi versi, si potrà rilevare sì l’esattezza della traduzione quasi letterale, sì l’industria del traduttore rumeno di conservare per quanto gli riesca possibile, qualcosa almeno dell’armonia che hanno in italiano i bei versi dell’Alfieri. Richiamo sopra tutto l’attenzione del lettore sulle due spezzature così opportunamente conservate dei versi 3 e 5, nell’ultima delle quali l’emistichio la spurcata Filistă corrisponde perfettamente, anche per ciò che riguarda la posizione degli accenti, con quello del testo: sta dell’empia Filiste. Certo, nè: Văz munții Gelboè traduce bene: di Gelboè son questi i colli, nè l’efficacia e la passione di quel magnifico verso: Ahi crudo, dispietato Saul (con quei due aggettivi che s’incalzano per con-