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Temistocle.


     Tutto, Signor;
Le ceneri degli avi,
Le sacre leggi.
I tutelari Numi,
La favella, i costumi,
L’aria, i tronchi,
Il terren, le mura, i sassi.

Temistocle.


Totul, stăpâne; țara mea
Țarina strămoșească,
Și legea părintească,
Costumuri, cuvântare,
Zei, munca, slava mare
Sudoarele ’mi și truda,
Și ori ce fel amar
Trunci, aer, holde, ziduri,
Pământ și pietre chiar”[1].

Se la metrica non è troppo rispettata nel testo italiano, la traduzione per compenso, senza potersi dire un miracolo, è decente. Ma non sono soltanto questi i versi che Aristia cita nel corso del sullodato pasticcio adulatorio, chè innanzi alla quarta



  1. [„[p. VII] Temistocle, il redentore dei Greci che tinse di rosso il porto del Pireo e il mar di Salamina col sangue dei Persiani, poi, invidiato e condannato a morte come tutti i redentori (guardate alla croce), riesce a salvarsi, ed anche in Persia trova generoso rifugio, e gloria grande, da parte sua innalza anche lui la gloria dei Persiani, finchè volendo Serse mandarlo a [p. VIII] combattere Atene, rifiuta. Ascoltate ora come risponde:

    Serse.
    Ah dunque Atene
    Ancor ti sta nel cor!
    Ma che tanto ami in lei?

    Temistocle.
    Tutto, Signor;
    Le ceneri degli avi,
    Le sacre leggi,
    I tutelari Numi,
    La favella, i costumi.
    L’aria, i tronchi,
    Il terren, le mura, i sassi.


    Serse.
    Ahi! dunque sempre Atene
    Essa sta nel tuo cuore!
    Che in lei tu ami?

    Temistocle.
    Tutto, Signore; la patria mia,
    il terreno avito
    e la legge paterna,
    i costumi, la lingua,
    gli Dei, il lavoro, la gran gloria,
    i miei sudori e le disgrazie,
    e ogni altra amarezza,
    i tronchi, l’aria, le zolle, le mura,
    la terra e le pietre persino”].


    È inutile ch’io faccia osservare come, piuttosto che di una traduzione, sia qui forse il caso di parlare d’una parafrasi.