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„Da Roma discendiamo e di parole romane è misto il nostro dire” 1. È la seconda volta che un tale annunzio è bandito da labbra rumene e ciò dimostra senza dubbio che, almeno latente, la coscienza dell’origine latina esistesse in fondo ad ogni cuore rumeno; tuttavia, perchè all’annunzio facciano eco le turbe, è necessario che un fatto della più alta importanza metta i rumeni di Transilvania a diretto contatto con Roma.
Questo fatto è l’unione avvenuta il 1697 in Transilvania tra le due chiese cattolica e ortodossa.
3. Influenza transilvana.
Non essendo mia intenzione di occuparmi in queste pagine di codesta corrente filologica, se non come di un precedente necessario a intendere i primi contatti letterarii italo-rumeni, tradurrò qui le belle pagine, nelle quali il Jorga ne traccia magistralmente le origini in una sua conferenza 2sulle „Idee direttrici del popolo rumeno” tenuta il 1904 alla „Società delle Donne Rumene” con molte altre, che, raccolte insieme e corredate di documenti, di note e di excursus del più alto interesse, formano ora i tre eleganti e densi volumi della „Istoria Românilor in Chipuri și Icoane” pubblicata dal Socec di Bucarest.
„Nel secolo XV” — dice il Iorga — „l’Europa occidentale incominciò a discernere, qualcosa di là dai confini imposti dalla religione. Nel pensiero, nel sentimento e nell’arte del mondo
- ↑ [„De la Râm ne tragem si cu a lor cuvinte ni-i amestecat graiul.”] Gr. Urechie, citato dal Iorga nella conferenza di cui avremo or ora occasion di parlare.
- ↑ N. Iorga, Istoria Romanilor in chipuri si icoane, Bucuresti, 1905. Vol. II, pp. 49—54.
gari, qui e Sarmatia prodiere, deinde occuparunt. E legionibus enim et coloniis, a Trajano, ae caeteris Romanorum Imperatoribus, in Daciam deductis, Valachi promanarunt. Quos Pius (Piccolomini) a Flacco, pronuntiatione Germanica, Vlachos dici voluit: nos contra άπό τοό βάλλειυì dictos esse censuimus, quum sagittandi arte praepollcant. Nonnulli Valachiae a Diocletiani filia nomen inditum censuere, quae illorum Principi nupsisse fertur”, op. cit., p. 284. Decadis II, Liber XIII. Il panegirista al quale alludo al principio di questa nota è il teologo e storico Pietro Rausano, che, nella sua Epitome Rerum Hungaricarum (Budae, 1746, p. 12), levando al cielo la nobiltà e la virtù di Mattia, esce in queste parole: „Romanus es genere, Romanus es origine, Romanum te ac latinum hominem nos Itali asserimus, affirmamus, praedicamus”. Chi avrebbe detto all’umanista italiano che la sua lingua adulatrice diceva il vero?