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nissimo che d’italiano l’antico 1 cronista rumeno non sapesse uno iota, malgrado che il modo come egli parla dell’Italia in genere e di Padova in ispecie possa far supporre il contrario 2 Ad ogni modo è chiaro, che, anche senza conoscer l’italiano, il latino dei nostri umanisti— molti dei quali furono alla corte dei Jaghelloni— e quello dei loro infiniti imitatori polacchi, poteva ben produrre il medesimo effetto, di fargli cioè, un po’ inconsciamente per via dell’uso, un po’ di proposito per una certa quale sallustiana ed erudita civetteria arcaizzante di storico buongustaio, modellare il suo periodo rumeno su quello del Giovio e del Guagnini se non proprio su quello di Cicerone e di Livio. Ma quello che c’interessa di più è di cogliere sulle labbra medesime del Costin, la menzione di Roma e dell’origine romana dei Valacchi, associata all’opinione di un dotto polacco, lo Zamoyski, dal quale, evidentemente, mostra averne avuto notizia. Dopo infatti aver parlato a lungo del nome, „Italia” ed aver rilevata la somiglianza fra le due parole di Vlah e Voloh, con cui i magiari designano rispettivamente gli abitanti della Rumania e dell’Italia, conchiude rivolgendosi al lettore con un calore e una spontaneità che commuovono: „Mirati adunque ora, o lettore, come in uno specchio, e tieni mente d’onde trai l’origine tua, sbarazzandoti di tutte le fole che molti hanno scritte intorno a te, sia per ignoranza che li abbia traviati; sia per l’invidia, che mai, neppure un giorno, è cessata di esistere tra le nazioni; forse anche per aver prestato fede a gonfie e vane menzogne”. 3 Tra codesti „inventori di favole” intorno all’origine del popolo rumeno, Miron Costin annovera (e non sapremmo dargli torto) Enea Silvio Piccolomini, seguendo il quale, Zamoyski, Ureche ed altri han fatto derivare il nome di Vlah da un Flaccus, generale romano che fu un tempo a capo del paese.

  1. Antico s’intende nel senso in cui questa parola è usata dagli storici della letteratura rumena.
  2. Alludo sopra tutto alle seguenti parole: „Cine au fost la Italia să vadă pre Italieni, să-i ia aminte, nu-i va trebuì mai mare devedă să crează cum un nèm sunt cu Moldovenii” (op. cit. I, p. 385).
  3. Op. cit. p.1,385: „Cată-te dèră acum, cetitoriule, ca într’o oglindă, și te privesce de unde esci, lepădându dela tine tote cele-l-alte basme, câte unii au insemnatu de tine, de nesciintă retaciți, altii de zavistie, carea din lume intre nèmuri n’au lipsitu nici uă dată, altii din buguite scornitura și deșèrte.”