Pagina:Ortiz - Per la storia della cultura italiana in Rumania.djvu/225


215


Non manca certo la nota melancolica („...ed in guerra invincibili erano un tempo“); ma si tratta d’un semplice accenno sul quale il vecchio cronista trasvola con delicatezza piena di rispetto. Del resto, se le condizioni d’Italia eran davvero assai tristi pur nella prima metà del secolo XVIII, e i costumi rilasciati, e neglette le armi; quelle della Rumania non eran certo migliori. „Quei boieri dalla testa rasa, dalle lunghe barbe, dagli enormi cappelli rotondi”1 di foggia e grandezza diversa „a seconda della loro importanza gerarchica, vestiti alla „moda orientale con abiti larghi e babbucce gialle”2, avevan presso che dimenticate le glorie militari della loro nazione per gli allettamenti di una vita molle e neghittosa, altrettanto vuota di contenuto quanto ricca di sfarzo esteriore, sprofondati nella quale, come in un voluttuoso nirvana, è miracolo, che, di tanto in tanto, accennassero al desiderio di un prossimo risveglio. „Non uscivano di casa che in carrozza”, e, a differenza dei loro progenitori, „passavano il tempo assai più volentieri alla Corte”, o nello sfarzo delle loro stanze impregnate dei più rari profumi, che „tra i contadini, o i soldati di un esercito ridottosi un’accozzaglia di mercenarii riccamente vestiti”3. Del lusso orien-



    Moldaviei și Valahieĭ, a cura di Michail Kogălniceanu, Bucuresci, 1872, I, 9 sgg. Vedi pure N. Iorga, Breve storia dei Rumeni con speciale considerazione delle relazioni con l’Italia, Bucarest, 1911, p. 133. Intorno a Miron Costin, cfr. anche V. A. Urechia, Miron Costin, in Revista contemporană del 1873, pp. 1, 83, 224, 305, 402, 524, 602 e in Convorbiri literare (XX, 69, 801; XXI, 817, 1032); A. D. Xenopol, Istoria Românilor, IV, 588, 606; Cipariu, Analecte, XXXII.

  1. N. Iorga, op. cit., p. 145.
  2. Iorga, op. cit., loc. cit
  3. Iorga, op. cit., loc. cit., Cfr. anche del medesimo, Istoria literaturiĭ Române în secolul al XVIII-lea, I, 16-17: „Nu mai sânt oameniĭ mîndri, entusiaști, nu maĭ sânt fanatici al epocilor mari din trecut și prevăzătorĭ al viitorulul: crescuți în umilință, în timpuri de decadere fără speranță, la o școală care distrugea idealele, înlocuindu-le prin cunoștințĭ în bună parte inutile, la o școală pedantă, și cosmopolită, eĭ n’au energie, nici avînturĭ. Nu cred în el, în țara lor, în neamul lor. Trecutul îl uită, sau, dacă-l cunosc, nu scot din el nici îndemnurĭ, nici mîngîierĭ, nici învățăminte”. [Non sono più gli uomini dignitosi, entusiasti d’una volta, fanatici delle grandi epoche del passato e previdenti dell’avvenire; educati fra le umiliazioni, in tempi di decadenza senza speranza, ad una scuola pedantesca e cosmopolita, che distruggeva gli ideali e sostituiva loro una dottrina in gran parte inutile; non hanno più energia nè slancio. Non credono in loro stessi, non credono nella patria, ignorano il passato, ed anche quando lo conoscono non ne traggono nè incoraggiamento, nè conforto, nè insegnamento].