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„ridotta in piccolo per comodo maggiore del Libro”, fu poi riprodotta dal Del Chiaro 1 „nel principio” della sua più volte citata Istoria delle Moderne Rivoluzioni della Valacchia. „L’Autore di detta Tavola” — ci dice infatti il nostro storico — „fu il Conte Costantino Cantacuzino, che nel 1716 fu miseramente strangolato in Costantinopoli col Principe Stefano suo figliuolo, come si vedrà nella seconda Parte di questa mia Istoria. L’ho fatta anche rigorosamente rivedere ed esaminare da molte Persone, che hanno una particolar cognizione, e pratica de’ luoghi eziandio più rimoti di quel loro Paese; onde, assicurato da essiloro, che non può essere nè più esatta, nè più fedele, ciò mi ha dato coraggio di farne intagliare il Rame senza risparmio di spese”1. È una delle solite carte geografiche del tempo, colle montagne che sembrano tante ricottine messe in fila, i boschi segnati con minuscoli alberetti gli uni accanto agli altri a regolari distanze come i peri nani di un frutteto; i mari e i fiumi popolati di pesci e di barche, le città coi loro bravi campanili e minareti, le immancabili mura, e magari anche qualche sentinella a guardia delle torri; una di quelle buone vecchie carte settecentesche sulle quali era ancor possibile viaggiare colla fantasia come piaceva all’Ariosto, prima che l’esattezza scientifica cacciasse in bando tra i ferri vecchi e ricottine, e peri nani, e campanili e sentinelle, per sostituirvi i colori stridenti e i segni convenzionali della nuova scienza, senza nondimeno progredir troppo in esattezza. Per ciò infatti che riguarda i nomi, il buon Cantacuzino potrebbe ancor oggi ripetere il suo: O Deus bone, con quel che segue, leggendo Giurgiu trasformato in Giurgevo e Constanța in Kustendje!2 E non parlo delle centinaia di nomi scritti ancora secondo l’antica ortografia rumena o copiati di sana pianta da carte tedesche, nelle quali la pronunzia figurata dà luogo ad ameni indovinelli! Ma... bando ai paradossi! Una volta imparata (lo sanno i nostri poveri occhi di bambini!) l’arte di leggervi, è chiaro di quanto le carte moderne si avvantaggino sulle antiche3.

  1. Coi nomi però scrini in caratteri intuii, mentre quella del Cantacuzino li aveva segnati in caratteri greci.
  2. Del Chiaro, op. cit., loc cit.
  3. Se a qualcuno uesta verità sembrasse un po’ troppo ovvia per essere affermata con lauto sussiego, non ci ho che fare. La ritenga pure un’ammenda onorevole al paradosso di poco fa. E del resto accade sempre cosi. Quando ci si abitua al paradosso, si finisce col trovar nuove le verità di M. de La Patisse.