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dei vari governi andava accaparrando con gran cura per le Università, che, nei secoli decimoquinto e decimosesto, avevano toccato il massimo splendore. Onde la perdita di un privilegio che ci conciliò in ogni tempo così grandi simpatie e che non ha poco giovato nei momenti della nostra resurrezione, anzicchè tornarne a disdoro, mette in maggiore evidenza il modo luminoso, nel quale l’Italia seppe adempiere alla sua missione scientifica: e la liberalità colla quale s’insegnava dalla cattedra a tutti, e anzi le prerogative accordate ben sovente nei nostri centri di studio agli stranieri, ebbero per naturai consequenza quella diffusione di cultura, che, prima o poi, doveva necessariamente far contribuire al progresso scientifico tutto il mondo civile.” Nel sec. XVII, col decadere della Repubblica, decade anche lo Studio, ma i „riformatori” vi posero subito rimedio, informandosi, per mezzo degli ambasciatori della Repubblica, dell’organizzazione delle Università straniere. S’istituiscono allora i musei di Storia Naturale e di Fisica, l’Osservatorio astronomico, la Scuola di veterinaria, quella applicata di agricultura, si riforma l’insegnamento delle matematiche, sicchè lo Studio di Padova, pur non essendo così frequentato da studenti, come per l’addietro, potè stare al paragone dei migliori d’Europa”. Nè la Repubblica di Venezia, la quale, in momenti difficilissimi, aveva pur dovuto acconciarsi a rallentare i fermagli del suo Libro d’oro e ad iscrivere esotici nomi accanto a quelli dei Dandolo, dei Badoer e dei Morosini, si piegò mai a conferir l’onore della cattedra a chi non ne fosse stato degnissimo. Si scorrano i Rotoli dei tempi di maggior decadenza dello Studio, si scrutino a fondo i titoli scientifici dei principali insegnanti, che da essi ci vengono offerti, se ne compulsino i carteggi, e noi li vedremo riveriti dai più celebri scienziati, dar bene spesso il loro nome alle più illustri Accademie d’Europa.

Così, dalla pupilla degli occhi della Repubblica, più fortunata della Repubblica stessa che doveva tanto inonoratamente cadere, potè partire ancora, nella seconda metà del decimottavo secolo, uno sprazzo di vivissima luce; così potè ancora una volta lo Studio di Padova, attirare a sè l’attenzione di tutta Europa, che reverente s’inchinava davanti all’immortale creatore dell’anatomia patologica”1.

  1. Favaro,op. cit., pp. 1067— 68.