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riosa1 Università, la cui menzione ricorrerà d’ora innanzi frequente in queste nostre note, verrò scegliendo dagli scritti del Brugi2 e del Favaro3 che sono i più suggestivi, quelle notizie, che, meglio delle altre, potran valere a trasportarci nell’ambiente, nel quale lo Stolnic Cantacuzino venne a trovarsi, quando il 1667 incominciò a Padova i suoi studi di filosofia e di legge.

Verso quest’epoca dunque non pochi scolari, in ispecie stranieri, e sopra tutto Francesi, venivano ancora a Padova „per vivervi gaia vita, conoscervi i costumi e le creanze italiane, apprendervi il maneggio d’ogni sorta d’armi, il cavalcare, il ballo, la musica. In acconce scuole si erudivano in queste arti cavalleresche, più di cento gentiluomini francesi, nel novembre del 1580, quando vi passò il Montaigne”4, e „gai volavano in

    speciale, il boccatico; animata da 1000 a 1500 studenti, ora così ricchi da tenere in affittto paiazzi con fasto di servi, „di bravi e di cavalli, ora poveri tanto da farsi servi per mangiare, più spesso vivacchianti alla meglio, a dozzina presso professori (tra cui Galileo stesso) od in camere da loro arredato con suppellettili prese in affitto nel Ghetto. Da vicino, Venezia, già sul declivio, ma non doma, veglia sullo Studio, frenando l’ingerenza ecclesiastica, facilitando la venuta agli stranieri, cercando di trattenervi i suoi sudditi. Il vescovo brontola: „Quello di Padova” — dice— „pare uno studio di pagani, non di cristiani”. Che importa? Intanto gli studenti tedeschi — quasi tutti luterani — accorrono: sono 200 nel 1533, 250 nel 1587, e crescono ancora a 300 nel 1597. Invano Pio IV papa impone una confessione di fede cattolica per conseguire la laurea: Venezia (fosse puro interesse economico che la spingesse a far ciò, o l’atteggiamento nuovo ardito assunto dietro l’impulso del Sarpi), gira, come si dice, la posizione, ed istituisce la laurea conferita per autorità di Stato. Grande innovazione certo: ma le Università, sedi della Scienza, non vogliono troppo rigida tutela uè di Chiesa, nè di Stato. Ecco infatti lo Studio di Padova, finora rettosi gloriosamente da sè, intristire a poco a poco nel ’600 e nel ’700 sotto la ferrea potenza accentratrice dello stato, tutto raccolto ormai nel bel palazzo del Bo’, che la repubblica gli ha costruito, sottraendolo alla simpatica sua forma primitivamente randagia dall’una casa all’altra presa in affitto”.

  1. Cfr. Manacorda, op. cit., p. 116: „Verso la fine del ’500, il collegio dei medici è interrogato da lontani paesi durante le pestilenze, quello dei legisti dà pareri a re e imperatori, mentre le lontane università chiedono a gara all’ateneo padovano, che mandi loro qualche maestro o lettore”.
  2. Dott. Biagio Brugi, Gli scolari dello Studio di Padova nel ’500, Padova, Drucker, 1905.
  3. Ant. Favaro, Lo studio di Padova e la republica veneta in Alti del Reale Istituto Veneto, Tomo VI (1888), Serie VI, dispensa settima, p. 1067.
  4. „Nous vismes les escoles d’escrime, du bal, de monter à cheval, ou il y avoit plus de 5ant Jantilshomes Francois”. Journal du voyage de Michel de