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ζ) Attrazione esercitala in Rumania dalle finezze del costume italiano del Rinascimento.

L’aver fatto buona impressione al Guazzo è la lode migliore, che possiam fare alle sue virtù cavalleresche. Era infatti il Guazzo l’autore meritamente celebre della Civil conversazione e dei Dialoghi piacevoli: uno cioè di quei trattatisti dell’eleganza cortigiana, che non solo gl’Italiani, ma „i Francesi, gl’Inglesi, gli Spagnuoli”, e persino, come abbiano visto, i Rumeni „leggevano avidamente...attratti dalle finezze del costume italiano e dalla vita artisticamente elegante della società italiana di corte e di palazzo”.

Che dunque uno di tali maestri d’italiane eleganze si disponesse, intorno al 1583, a recarsi in Valacchia alla Corte di Petru Cercel, non può non esser significativo per noi che ci occupiamo degl’influssi italiani in Rumania. Che anzi ci aiuta, nella scarsezza dei documenti che possediamo, ad immaginare di che genere fossero i conversari e i ricevimenti, che, dal 1583 al 1585, si tenevano attorno al Principe di Valacchia nel palazzo vayvodale di Bucarest1.L Da questo momento, i segretarii italiani l’uron ricercati alla corte di Valacchia, non solamente come

  1. Francesco Flamini, Il Cinquecento, Milano, Vallardi(s. d.), p. 479. Per ciò che riguarda la Francia, è noto che i trattatisti di eleganze „ebbero onore di versioni, e, ancor nel secolo XVII, seguitavano ad esser ricercati e tenuti in pregio”. Basterà a tal proposito ricordare col Flamini, che „il più lodato e caratteristico libro del Rinascimento italiano, quello del Castiglione, ebbe a traduttore il celebre Giacomo Colin, signore di Saint-Ambroise, caro a Francesco I e collaboratore del Budè e del Du Bellay nella fondazione del Collegio Reale; e che le anonime Loix de la galanterie, pubblicate nel 1644, ci rivelano la stretta parentela del „galante”, quale lo vagheggiava la società dei preziosi e delle preziose e lo parodiava sulle scene il Molière, col „cortegiano” del cavaliere di Casatico. Proprio dal gran codice della cortigiania, al pari che dalla Civil conversazione di Stefano Guazzo, dalle Veglie senesi di Girolamo Bargagli e dai Cento giuochi liberali e d’ingegno d’Innocenzio Ringhieri e via dicendo, appresero i Parigini del secento la maggior parte dei giuochi e trattenimenti dei salotti e delle ruelles... Per tal modo la prosa italiana venne trasfondendo nella francese non poco della sua regolarità, di quella lucida sua politezza aristocratica, raffinatamente classica, dalla quale abbagliati, i Francesi dell’alta società e della corte s’industriavano con tutti i modi di levigar le asprezze, smussare gli angoli e tornire i contorni all’idioma tutto muscoli e nervi del Rutebeuf e del Villon.” Cfr. Flamini, op. cit., loc. cit