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legami che ancora univano alla Chiesa romana i popoli di Bulgaria e di Valachia, sudditi allora de’ medesimi Principi. Orbene in una delle sue lettere il Pontefice, mentre annunzia l’invio di legati apostolici, e chiede quali siano i desiderii del Principe (Ioannitius, ma egli si firma Caloiohannes, Imperator Bulgarorum et Blachorum); non dimentica di ricordar l’origine latina d’uno dei due popoli, sui quali esso Principe regnava, per trarne argomento a conchiudere „ ut sicut genere, sic sis etiam imitationc Romanus et populus terrae tucie, qui de sanguine Romanorum se asserit descendisse, Ecclesiae Romanae instituta sequatur ut etiam in cultu divino mores videantur patrios redolere”. 1 Rileviamo da questo passo, come, verso la fine del secolo XII, il popolo rumeno e il suo Principe (è chiaro che qui dei Bulgari non può esser questione) ritenessero di essere legittimi discendenti degli antichi Romani, che Ioannitius lo avesse scritto al Papa, e che il Papa se ne fosse servito abilmente pe’ suoi fini. Se aggiungeremo a questa prova, l’altra che in documenti di poco posteriori, riferentisi cioè al pontificato di Onorio III e di Gregorio IX, si parla assai spesso di città rumene di Transilvania come di „villa latina”, „vicus latinorum” etc., per distinguerle da quelle ungheresi o sassoni che le attorniavano2 potremo conchiuderne, che, finchè prevalse l’influenza della Chiesa romana, tanto in Valachia che in Transilvania, si ebbe coscienza dell’origine latina della popolazione; e che questa coscienza disparve solo quando i rumeni si lasciarono attrarre nell’orbita bizantina, dove per essi non c’era nulla da guadagnare. Restarono infatti, com’è risaputo, del tutto fuori del movimento culturale bizantino, e, perduto ogni contatto con l’occidente cattolico, adottarono per le funzioni del culto e l’amministrazione della giustizia, la lingua slava parlata a quei tempi dai Bulgari, sotto il

  1. 1. Reg. An. V. ep. 116. fol. 33. Theiner, Velera Monumenta Shworum meridionalium, I, pag. 16. Cito dai „Documente privitoare la Istoria Românilor (1199—1345) culese și însoțite de note și variante de Eudoxiu de Hurmuzaki (publicate sub auspiciile Academiei Române și ale Ministerului Cultelor și Instructiunii Publice). Bucuresti, 1887, vol. I, partea I, pagg. 4—5.
  2. 2. cfr. Frjer, Codex diplomaticus Hungariae, Budae, 1829, V, II, 128: „Tam Saxonibus quam Latinis“ e IV, III, 209: „intra villam Toplam et lalinam (Olaszi) existentes“, dai quali passi si vede che si fa differenza di razza, non di religione, come qualche storico vorrebbe.