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II

Corrente filologica



1. La letteratura rumena è un dono del Rinascimento.

Come l’Egitto era per i latini un dono del Nilo, così la letteratura rumena può dirsi un dono del Rinascimento. Esso feconda la steppa desolata, dove non attecchivano che le pallide e basse betulle della letteratura ecclesiastica in antico slavone (risultante per la massima parte di traduzioni mal fatte) con due rivi, uno dei quali, come abbiamo accennato, parte dalla Polonia (ed era destinato a irrigare ben poco terreno e a estinguersi dopo aver fecondato solo qualche zollo ai confini della Moldavia); l’altro, (che, per l’unione avvenuta il 1697 di una parte del clero ortodosso con la Chiesa Cattolica, metteva capo a Roma), partiva dalla Transilvania, ed era destinato a trasformar l’arida steppa in fiorito giardino.

2. Influenza polacca.

Al rivo polacco si è dato, a mio vedere, troppa importanza, in quanto che, grazie ad esso, i rumeni non acquistarono per la prima volta, ma semplicemente riacquistarono quella coscienza della loro origine latina, che, in seguito al loro distacco dalla Chiesa di Roma, depositaria e propagatrice della civiltà latina nel medioevo, avevan finito col perdere. Dal 1199 al 1207, una serie di documenti dei Regesti Vaticani ci mostrano Innocenzo III tutto intento a rassodare i