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mila case in circa, ma tutte di legno, alquante chiese, alcune di pietra, ma parte... son ruinate dalle guerre”1. Il palazzo del Principe (Geremia Movila) è di pietra e serato attorno di legnami”2 secondo l’antico uso rumeno. Altrove descrive il seguito del Principe: "Quando il principe va per la cità, cavalca accompagnato da 500 archebusieri; è vestito di rosso, con la mazza ferrata in mano”3. Delle donne moldave scrive che son quelle che reggiono e fanno tutti li fatti necessarii alle loro case; ragionano liberamente e famigliarmente con homeni in publico et in secreto, chè non vi è guardato; quando portano da bere o mangiare, sono le prime a far la credenza”4 Aggiunge infine — ed è il miglior elogio ch’egli possa fare alle mogli rumene — che, „quando muore la moglie a uno, quello, per esser conosciuto vedovo, camina alquanti giorni per la città senza niente in capo”5

ῃ) Cornelio Magni.

Lasciamo con dispiacere il nostro simpatico viaggiatoremercante per passare ad un letterato, nell’opera del quale, dietro la maschera dell’erudito e dello storico, fan capolino a intervalli il volto ridanciano dello scroccone e le maniere ambigue dell’avventuriero. Per quanto spregiudicato ci si mostra l’Alberti, altrettanto noioso è il Magni6 colle sue proteste inopportune di fede cattolica e la sua sufficienza di perfetto benpensante. Mezzo volume è pieno di questa roba fra inzuccherata e stantia 77. 7

  1. Ibid
  2. Ibid
  3. Ibid
  4. Op. cit., p. 61.
  5. Ibid.
  6. Vedi su di lui lo studio del Iorga, Un călător italian in Turcia în Moldova în timpul răsboiului cu Polonia in Analele Academiei Române (Mem. Secțiunii Istorice) Seria II, Tomul XXXIII (1910—1911) pp. 35 sgg.
  7. Ciò non ostante le lettere del Magni sono un documento storico importantissimo, specie per quanto riguarda il commercio italiano in Levante, e l’estensione della lingua italiana compresa e parlata da per tutto. Cfr. p. es. le pp. 43, 47—48, 55, 128—29, 222—26, sul commercio veneziano; 58, 134, 141, 181 su quello genovese, e soprattutto quanto a pp. 101—105 ci dice sull’accezione del vocabolo „franco” in Levante e la diffusione dell’italiano: „Benchè tutti gli